di Adam Hanzelewicz "Se lei avesse la possibilità di scorrere le pagine di quel settimanale potrebbe verificare che c'era già dibattito sul contrasto tra L'Aquila e Pescara: in un primo tempo era venuta fuori la storia di Pescara che rivendicava il capoluogo di regione, quindi il primo problema era quello di difendere il diritto dell'Aquila capoluogo. Questo è stato fatto su quel giornale". A ricordare il sostegno alla causa aquilana da parte di 'L'Aquilasette' è l'allora direttore del settimanale, storico e saggista, Walter Capezzali, a 50 anni dai moti che scoppiarono all'Aquila.
"L'Aquilasette - racconta - era un settimanale che si stampava a Roma e si poneva in antitesi alla 'Gazzetta di Pescara': raccoglievamo il materiale il mercoledì e poi si portava in stampa per l'uscita settimanale che era di giovedì; avevamo abbonati in Italia e all'estero, soprattutto tra le comunità abruzzesi emigrate.Il giornale era sostenuto da pubblicità locale e aveva delle posizioni molto forti. Il fondatore del settimanale era Remo Celaia, ex redattore capo de 'Il Messaggero' ed ex inviato speciale del Giornale d'Italia, primo giornalista professionista abruzzese: lui aveva cominciato una battaglia politica nei confronti dell'allora 'deus ex machina' della politica aquilana e provinciale Luciano Fabiani (Dc) che poi si trovò al centro della vicenda. Celaia era un giornalista di grande verve polemica: se l'è presa senza paura con grandi personaggi, ad esempio il questore e il provveditore agli studi. All'epoca era nel pieno della campagna di difesa dell'Aquila capoluogo cominciata un anno prima dei moti: purtroppo morì in un incidente stradale nel giugno del 1970 a ridosso dei moti pescaresi, quando già polemizzava vistosamente sull'argomento. Sul giornale avevamo pubblicato non solo la raccolta delle documentazioni ufficiali di tutto il mondo che parlando dell'Abruzzo individuavano in L'Aquila la città capoluogo, ma sostenemmo le nostre ragioni anche sul piano amministrativo e costituzionale. Per farlo avevamo interpellato alcuni esperti, uno in particolare dell'ambiente universitario e politico romano, che scrisse un trattato sul discorso del capoluogo di regione. Quella fu quindi una battaglia facile da vincere".
"La cosa che si ritenne poi ufficialmente di approvare - sottolinea Capezzali che ereditò la direzione del settimanale dopo la morte di Celaia - fu quella di svuotare la gran parte dei contenuti del riconoscimento di un capoluogo. Per una città di terziaria ed impiegatizia come L'Aquila senza fenomeni industriali rilevanti o commercio di grande livello svuotarla pure delle 70% degli uffici regionali non fu un grande regalo. La reazione della città partì da questi fatti".
"Fabiani (Dc) e Brini (Pci) - prosegue - furono individuati come coloro i quali avevano raggiunto questo compromesso.
Probabilmente i comunisti, sono mie valutazioni, si convinsero di non aver fatto una marcia indietro rispetto a quella riunione del Direttivo regionale del Pci di maggio 1970 quando si era deciso di riconoscere L'Aquila capoluogo di regione e alla fine all'Aquila il capoluogo di regione non gliel'hanno levato. La posizione del nostro giornale ovviamente, non potendo conoscere direttamente gli sviluppi segreti degli accordi, poteva soltanto ipotizzare quali fossero gli esiti delle sotterranee manovre in corso e su quale ipotesi Dc e Pci, che contavano su trenta dei quaranta primi consiglieri regionali, avessero raggiunto l'accordo finale; alla fine si ebbe conferma che si trattava di un compromesso che finiva per compromettere totalmente le legittime aspettative aquilane. Quindi l'intesa era politica e rimase tale fino alla fine".
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