Sono tornati dal Tirolo austriaco, dall'Alto Adige e dalla Baviera nel Parco Nazionale della Maiella per ammirare le bellezze dell'Appennino abruzzese, ma soprattutto per cogliere i segreti della convivenza con il lupo e l'orso, difficile, ma qui possibile. Sono allevatori, ricercatori, funzionari dei Länder, rappresentanti istituzionali e operatori economici delle montagne alpine che, in missione per il Progetto "LIFEstockProtect", insieme a un gruppo di esperti della European Wilderness Society, hanno visitato pascoli e allevamenti monticanti guidati dall'Ufficio Veterinario del Parco, per comprendere come gli allevatori della Maiella, la 'Montagna Madre', abbiano saputo rielaborare e consolidare il rapporto di convivenza con i grandi predatori. Qui il documentario 'Farm breeders of the Mother Mountain'.
I lupi di recente tornati in Tirolo e in Baviera - provenienti dall'Appennino, da Slovenia e Germania - trovano spesso nei pascoli tirolesi greggi non particolarmente protette, perché la lunga assenza del predatore da quelle montagne ha fatto dimenticare l'uso di condurre gli animali al pascolo sotto la custodia continua del pastore e dei cani e l'utilizzo di stazzi protetti per la notte, come invece è sempre accaduto in Abruzzo.
Agli allevatori abruzzesi va riconosciuto il merito non solo di aver ripreso la tradizione antica della buona gestione delle pecore al pascolo, ma anche di aver collaborato con il Parco della Maiella negli ultimi anni affinché questa tradizione venisse rinforzata nelle nuove aziende e presso i giovani allevatori, che lavorano in un contesto di speciale tutela a volte difficile e profondamente cambiato dal punto di vista ecologico. Grazie a loro, gli oltre 100 lupi della Maiella, come rilevato da studi del Parco, "si servono" degli animali domestici solo per il 5% della loro dieta: questo accade perché c'è ampia disponibilità di prede selvatiche, come cinghiali, cervi e caprioli, ma soprattutto perché gli allevamenti ben custoditi non sono "scelti" dal lupo di frequente, fondamentalmente perché il lupo teme l'uomo e, quando può, preferisce starne lontano.
"I nostri colleghi settentrionali - spiega il veterinario del Parco Simone Angelucci - oltre che essere molto interessati agli studi condotti in questi anni dai tecnici del Parco della Maiella, sono rimasti assolutamente colpiti nell'ascoltare i racconti degli allevatori e dei pastori della Maiella, che hanno garantito di non avere alcun problema con il lupo o, almeno, che le rare predazioni non costituiscono il problema principale per l'economia dell'azienda. Visitando gli allevamenti hanno potuto osservare come i pastori conducono le greggi al pascolo, insieme ai cani da pastore abruzzesi e ai sistemi di protezione, tra cui recinzioni elettrificate o metalliche, consegnate loro dal Parco per consolidare queste strategie di prevenzione". La visita è stata una buona occasione di vivace discussione su temi come l'importanza ecologica del mantenimento di attività di pascolo sostenibili, la qualità dei prodotti, la biodiversità agroalimentare e la necessità di maggiore attenzione istituzionale agli allevamenti di piccole dimensioni che deve venire con la nuova programmazione, con la PAC (Politica Agricola Comune), in passato "troppo orientata" sui modelli di allevamento intensivo, i cui fondi dovranno essere auspicabilmente indirizzati al sostegno effettivo di queste attività, piccole, ma fondamentali per l'economia della montagna, l'identità culturale e la tutela dell'ambiente. Il modello offerto dagli Allevatori della Montagna Madre, attento alle caratteristiche del territorio, sostenibile, legato alla biodiversità dei pascoli, in filiera corta, dunque connesso alle economie territoriali, si identifica con una costante e irrinunciabile custodia degli animali al pascolo: l'unico, dunque, che riesca a evitare che la presenza del lupo, pregio e simbolo della montagna europea, diventi occasione di conflitto. Da anni e con impegno il Parco della Maiella è al lavoro per consolidare il rapporto di collaborazione con le imprese del territorio con le quali mantiene un dialogo costante.
"Attualmente è uno dei parchi dove si è più rapidi nell'indennizzare i danni alle colture da cinghiali e da altri ungulati - precisa Angelucci - e le perdite al patrimonio zootecnico causate dai grandi carnivori, come il lupo e, più raramente, l'orso. La velocità delle procedure, la loro semplificazione e la cura per la conoscenza e la dinamica dei danni sono la base per operare scelte di prevenzione condivise con gli allevatori, ma, da sempre, sono soprattutto un segno del profondo rispetto che l'ente esprime per il loro mestiere e per il loro ruolo insostituibile sulle nostre montagne".
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