E, proprio nelle ore in cui i media rilanciano le voci circa l'opzione che il presidente Usa Barack Obama starebbe valutando in risposta all'uso di armi chimiche in Siria il 21 agosto (un attacco limitato di "non piu' di due giorni" con missili lanciati da navi da guerra) da Nicosia il ministro degli Esteri Ioannis Kasoulides ha detto di ritenere che la base aerea britannica della Royal Air Force (Raf) di Akrotiri, promontorio sulla costa meridionale di Cipro, non svolgerà un ruolo di rilievo nel caso di attacco contro il regime di Damasco. La costa Sud di quest'isola mediterranea dista appena 160 chilometri da quella siriana e, oltre a quella aerea di Akrotiri - con circa 10.000 persone fra soldati e loro famigliari -, la Gran Bretagna dispone a Cipro di altre quattro fra basi e guarnigioni operative (per lo più d'ascolto radar e satellitare): Episkopi, Dekhelia e Ayios Nikolaos sulla costa Sud e Trodoos sulle montagne. "Ho l'impressione che le basi britanniche non giocheranno alcun ruolo primario... perché non sono necessarie", ha dichiarato Kasoulides ai microfoni della radio statale CyBC in risposta ad una domanda circa quanto riferito ieri dal quotidiano londinese The Guardian secondo cui caccia e aerei C-130 Hercules da trasporto militari avevano cominciato ad arrivare ad Akrotiri nell'ambito dei preparativi per un attacco contro la Siria. Della stessa opinione del ministro si è detto Petros Zarounas, un analista di questioni mediorientali, secondo cui un attacco contro Damasco potrebbe avvenire entro due settimane al termine dei preparativi dell'operazione e che esso sarà certamente "chirurgico" e condotto con il lancio di missili Tomahawk da navi da guerra Usa in navigazione al largo della Siria. Un tipo di operazione, questo - secondo Zarounas – che non richiederebbe l'azione di supporto da parte dei caccia britannici dispiegati ad Akrotiri.
Ma diversi residenti nella zona a ridosso dei confini della base di Akrotiri hanno riferito ai media locali di aver notato nelle ultime 48 ore "un'attività più intensa del solito". Del resto qui tutti ricordano molto bene che, nella primavera di due anni fa, proprio da Akrotiri partivano in continuazione gli squadroni di velivoli Typhoon che andavano a bombardare la Libia. Ma Tripoli è lontana da Cipro (circa 1.900 chilometri) mentre la Siria è vicinissima e non pochi ciprioti temono che qualche missile lanciato per ritorsione da Damasco contro le basi britanniche possa finire sulle loro teste.
Intanto si pensa pure allo scenario che prevede l’evacuazione di ciprioti e di cittadini di altri Paesi europei rimasti ancora in Siria ma anche in Libano. "Abbiamo approntato piani per facilitare i cittadini europei e di altri Paesi che volessero transitare per Cipro come abbiamo fatto con successo in passato", ha detto Stavros Avgoustides, un alto funzionario del ministero degli Esteri di Nicosia, riferendosi alle decine di migliaia di persone di varie nazionalità evacuate attraverso quest'isola nell'estate del 2006 quando il Libano fu teatro di violenti scontri armati fra le forze armate israeliane e i militanti del gruppo islamico radicale Hezbollah. Anche la Grecia, altro Paese membro della Nato, è stato allertato da Washington che, come ha riferito la stampa, ha chiesto ad Atene di concedere alle unità della Marina Usa e agli aerei dell'Air Force di transitare sul territorio ellenico e l'utilizzo della base militare Usa di Souda Bay, sulla costa nord-occidentale dell'isola di Creta, e di quella dell'aviazione greca a Kalamata, nel Peloponneso. Alti gradi delle forze armate elleniche hanno comunque escluso un coinvolgimento militare attivo della Grecia in un eventuale attacco Usa-Gb contro la Siria ed hanno sottolineato che la Marina greca potrebbe essere mobilitata solo per evacuare i connazionali da una possibile zona di guerra.
Circa un coinvolgimento della Grecia nelle operazioni militari contro la Siria hanno discusso oggi ad Atene il premier Antonis Samaras e il presidente della Repubblica Karolos Papoulias. L'incontro è avvenuto a circa due settimane dal ritorno in patria di Samaras che, ai primi del mese, ha visto a Washington il presidente Obama. "Un anno fa la regione circostante la Grecia emanava un senso di stabilità mentre il nostro Paese era fonte di instabilità", ha detto Samaras ai giornalisti al termine del colloquio con Papoulias. "Adesso quella situazione è cambiata a 180 gradi e la Grecia è divenuta un bastione di stabilità e sicurezza in una regione che è letteralmente in fiamme". (ANSAmed).