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MO: CISGIORDANIA; FURIA COLONI ULTRA', BRUCIATA MOSCHEA

TENSIONE A 15 GIORNI DA SFIDA ONU A ISRAELE SU STATO PALESTINESE

05 settembre, 18:45

(di Alessandro Logroscino) (ANSAmed) - TEL AVIV, 5 SET - Benzina sul fuoco delle tensioni in Cisgiordania, dove oggi - a 15 giorni dall'annunciato braccio di ferro all'Onu sul riconoscimento dello Stato palestinese - una moschea è stata data alle fiamme in un'ennesima operazione di vendetta trasversale attribuita a coloni israeliani ultrà. L'episodio si è consumato prima dell'alba nel villaggio di Kusra, a breve distanza da Nablus. Ed è avvenuto nelle medesime ore in cui frange di coloni dell'ala estrema del nazionalismo ebraico si scontravano con decine di militari israeliani intervenuti per abbattere - in esecuzione parziale di una sentenza della Corte suprema - 3 edifici dell'avamposto selvaggio di Migron: realizzato su terre di proprietà araba, a ulteriore espansione d'un insediamento vicino a Ramallah.

Conclusi i tafferugli con i soldati (quattro i coloni fermati), il focolaio si è spostato verso Nablus. E non solo in termini metaforici. Con la profanazione della moschea di Kusra, in quel momento vuota, affidata a una pattuglia di figure semi-mascherate che tuttavia gli abitanti del posto hanno subito individuato come coloni. "E' stata una spedizione punitiva", ha denunciato uno degli amministratori del villaggio, Abdel Azim Wadi, sulla base del racconto di testimoni oculari secondo cui gli aggressori avrebbero infranto una finestra e lanciato pneumatici in fiamme all'interno del luogo di culto. La 'firma' tracciata sui muri esterni della moschea non lascia del resto spazio a dubbi: con slogan del repertorio ultranazionalista scritti in ebraico, bestemmie contro il nome del profeta Maometto, richiami a Migron e ad altri avamposti e minacce tipiche del linguaggio intimidatorio del cosiddetto 'prezzo da pagare': la strategia con cui i coloni più violenti rivendicano apertamente il 'diritto' di colpire obiettivi palestinesi ogni qual volta si sentano bersaglio dell'esercito israeliano.

Il rogo è stato condannato sia dal governo sia dai comandi militari israeliani, che hanno promesso indagini severe. Ma il premier dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), il tecnocrate filo-occidentale Salam Fayyad, ha alzato questa volta i toni della polemica puntando il dito contro i vertici politici d'Israele. "Il primo ministro - si legge in una nota diffusa dal suo ufficio a Ramallah - considera Israele pienamente responsabile del ripetersi di azioni terroristiche del genere, visto che non è stato capace di punire i colpevoli di atti analoghi in passato". Atti che, avverte Fayyad, "minacciano di trascinare la regione in un nuovo ciclo di violenze".

L'irritazione dell'Anp appare legata anche alla notizia secondo la quale l'esercito israeliano ha cominciato di recente ad addestrare gruppi di coloni all'uso di 'mezzi di dissuasione' (lacrimogeni, granate assordanti) in vista delle manifestazioni popolari che la leadership palestinese intende convocare a sostegno del voto Onu - atteso per il 20 settembre - sul riconoscimento formale d'uno Stato di Palestina con Gerusalemme est capitale. Iniziativa che oggi Benyamin Netanyahu è tornato a criticare come un passo unilaterale che "non gioverà alla pace, anzi la fara' rinviare di anni". Ma che il presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha ribadito d'essere deciso a portare fino in fondo - a dispetto delle pressioni Usa e pur assicurando di non voler delegittimare Israele - a causa di uno stallo negoziale imputato alla rigidità del governo Netanyahu.

Da Ramallah, intanto, è giunto l'annuncio dell'avvio di una campagna pubblicitaria radiofonica in 26 lingue (incluso l'ebraico) di promozione delle ragioni della sfida a Palazzo di Vetro. Una sfida forse simbolica, ma che secondo Nabil Shaat - notabile di lungo corso dell'Anp - potrebbe allineare alla fine al fianco della causa palestinese almeno 140 Paesi in Assemblea Generale: più dei 130 paventati dall'ambasciatore israeliano all'Onu, Ron Prosor, in un rapporto trapelato giorni fa sulla stampa, quale soglia critica di un'immagine d'isolamento diplomatico fallimentare per lo Stato ebraico.(ANSAmed).

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