Prestavano denaro a tassi di
interesse annui variabili dal 30 al 120% ed avevano creato un
canale illecito di finanziamento affiancato a quello legale, che
andava avanti dal 2012 nel territorio compreso tra Cutro, Isola
Capo Rizzuto (Crotone), Botricello e Belcastro (Catanzaro). Per
questo 5 persone sono state arrestate dai finanzieri del Comando
provinciale di Crotone in esecuzione di un'ordinanza del gip di
Catanzaro su richiesta della Dda nell'ambito di un'indagine
coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Paolo Sirleo
e Domenico Guarascio. I 5 sono accusati, a vario titolo, di
usura, anche aggravata dalle modalità mafiose, estorsione e
abusivismo finanziario. Si tratta di Giuseppe Turrà, 51 anni di
Cutro, imprenditore agricolo, Domenico Grande (42), di Crotone,
commerciante al dettaglio (entrambi portati in carcere),
Salvatore Lorenzano (43), di Crotone, dipendente di cantieri
edili, Antonio Franco (45), di Isola Capo Rizzuto, dipendente in
una cooperativa di pesca e Antonio Grande (68) di Cutro piccolo
imprenditore agricolo, padre di Domenico, questi ultimi 3 ai
domiciliari.
I finanzieri hanno anche sequestrato un appartamento,
un'imbarcazione e depositi bancari per oltre 130 mila euro,
riconducibili, anche attraverso l'interposizione del proprio
nucleo familiare, a Turrà. Secondo quanto ricostruito dalla
Finanza nonostante gli arrestati utilizzassero termini criptici
e codificati per parlare con i propri debitori, i 5 avrebbero
concesso 100.000 euro a 5 piccoli imprenditori locali operanti
nel settore edile e nel commercio al dettaglio ottenendo, anche
con minacce e pressioni psicologiche, vantaggi economici per
oltre 75 mila euro. In un caso, per un prestito di 5.000 euro,
sono stati corrisposti, in 5 anni, interessi per 30.000 euro. In
un caso un indagato, per ottenere la restituzione del capitale e
degli interessi, si è avvalso della collaborazione di soggetti
intranei alla cosca Grande Aracri. Sono stati accertati anche 4
episodi di prestiti non usurari per circa 50.000 euro da parte
di Turrà che, per non finire sotto l'antiriciclaggio,
raccomandava ai propri debitori di utilizzare, nei bonifici
bancari, causali in linea con l'attività economica svolta.
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