La Divisione polizia
anticrimine della questura di Reggio Calabria ha sequestrato i
beni di Antonino Fallanca, indagato nell'ambito dell'inchiesta
"Pedigree 2" contro la cosca Serraino. Su proposta della Dda
guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, e del questore
Bruno Megale, il provvedimento è stato firmato dalla presidente
della sezione Misure di prevenzione del Tribunale Natina
Pratticò.
Su richieste del procuratore aggiunto Gaetano Paci e del pm
della Dda Sara Amerio, il provvedimento ha interessato i beni di
Fallanca che, l'anno scorso, era stato destinatario di ordinanza
di custodia cautelare in quanto ritenuto dirigente apicale ed
organizzatore della cosca Serraino, operante nei territori di
Cardeto, Arangea, San Sperato e nelle aree aspromontane della
provincia reggina. Considerato socialmente pericoloso, Fallanca
è accusato di aver agevolato la latitanza di alcuni affiliati
alla 'ndrangheta ma anche di aver assicurato il loro
mantenimento in carcere, elargito somme di denaro e di aver
custodito e fornito armi al clan. Secondo i pm, però, Fallanca
era soprattutto l'espressione imprenditoriale della cosca
Serraino per conto della quale avrebbe investito nelle sue
imprese i proventi delle attività illecite della famiglia
mafiosa e di quella alleata dei Rosmini. Il tutto fruendo
dell'influenza e della capacità persuasiva del sodalizio
mafioso.
I sigilli hanno interessato 4 unità immobiliari riconducibili
a Fallanca, 4 auto, il patrimonio di 3 imprese individuali ed
una società. Sequestrati anche conti correnti, libretti di
deposito, contratti di acquisto di titoli di stato, azioni,
obbligazioni, assicurazioni. I beni rientrano nel patrimonio
delle imprese e delle società società riconducibili a Fallanca e
al suo nucleo familiare. Imprese e società formalmente intestate
ai parenti ma che l'indagato, secondo gli inquirenti, di fatto
gestiva pur risultando un semplice dipendente. Per la Dda, le
cosche avevano supportato Fallanca agli esordi della sua storia
imprenditoriale con provviste di natura illecita, consentendogli
di espandersi fruendo dell'influenza del sodalizio mafioso per
imporre l'affidamento di commesse o l'acquisto di merci presso
le sue attività commerciali.
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