Tre i depuratori
sequestrati dai carabinieri del Comando provinciale e dei
carabinieri forestali di Reggio Calabria nei comuni di Ardore,
Stignano e Bivongi. Sigilli anche ad una stazione di
sollevamento delle acque reflue a Campo Calabro, e al canale
collettore del Comune di Sant'Agata del Bianco e a 29 attività
produttive inquinanti tra cui 4 cementifici, 14 autolavaggi, 2
autofficine, 2 lavanderie industriali e 4 imprese agricole per
plurime violazioni in ordine alla normativa di settore. È
l'esito dell'operazione "Deep 1" che ha visto trecento militari
dell'Arma impegnati nella verifica del rispetto delle normative
ambientali in tutta la provincia di Reggio Calabria.
I controlli hanno interessato, infatti, la fascia medio-costiera
per più di 220 chilometri, con siti di depurazione, aree
palustri e canali di scolo in prossimità della costa, con
annesse attività produttive limitrofe. Sono 48 gli impianti di
depurazione e 41 le attività produttive controllati durante
l'intervento disposto dal Comando Legione carabinieri "Calabria"
d'intesa con il comando della Regione carabinieri forestale e la
partecipazione dello squadrone eliportato "Cacciatori" e il
supporto aereo dell'ottavo Nucleo elicotteri di Vibo Valentia.
I tre depuratori e la stazione di sollevamento sono stati
sequestrati per violazioni della normativa in materia di
gestione degli impianti e omesso smaltimento di fanghi. Sono
stati, inoltre, eseguiti in totale 74 campionamenti di acque di
fanghi da depurazione.
Al termine del controllo sono state contestate sanzioni
pecuniarie, per un totale di 400mila euro, mentre 51 persone
denunciate per reati ambientali. Nell'ambito dell'operazione, i
militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria hanno
eseguito perlustrazioni in territorio impervio, risalendo alcuni
corsi d'acqua, tra cui i fiumi Mesima e Petrace che sfociano
sulla costa tirrenica, il torrente Caserta e la Fiumara
Annunziata a Reggio Calabria, nonché i torrenti nella piana di
Gioia Tauro e nella Locride, fino alle sorgenti nell'eventualità
che alcune aziende, distanti anche centinaia di metri dal
torrente, attraverso tubazioni abusive possano sversare liquami
direttamente nell'alveo fluviale.
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