''Non c'entro assolutamente niente". Così il difensore del Genoa Armando Izzo, indagato a Napoli per aver truccato due partite dell'Avellino nel torneo di serie B 2013/2014. Al centro dell'inchiesta il clan Vinella Grassi. Altri due ex giocatori irpini, Millesi e Pini, ai domiciliari.
''Non c'entro assolutamente niente, credo nella magistratura''. Armando Izzo, il giocatore napoletano del Genoa indagato nell'inchiesta su calcio e camorra, assicura di essere estraneo alla vicenda che lo tira in ballo per due match sospetti, quando il difensore giocava in B con l'Avellino. ''Mi sembra di vivere un incubo - dice Izzo a Skysport -. Ricordo solo che ero infortunato in quelle due gare (Modena-Avellino e Avellino-Reggina ndr) e che non ho neanche giocato, ora mi sento un po' abbattuto a leggere queste cose".
Camorra: partite di serie B truccate da clan, arresti - La droga rappresenta il business più importante. Ma non il solo. Il clan Vinella Grassi, nato da una frazione che si è staccata dal gruppo composto a sua volta da scissionisti dando luogo a una nuova faida di camorra per il controllo delle piazze di spaccio di Secondigliano e Scampia, lucrava infatti anche con le scommesse sulle partite di calcio. Puntate che fruttavano somme a molti zero e soprattutto sicure, visto che la cosca provvedeva a combinare gli incontri corrompendo calciatori. Questo ha raccontato il pentito Antonio Accurso determinando l'apertura della ennesima indagine che mette a rumore il mondo del calcio e rinnova l'allarme per le infiltrazioni della criminalità nel settore delle scommesse. Una inchiesta che coinvolge Armando Izzo, difensore del Genoa in odore di Nazionale, il centrocampista dell'Acireale Francesco Millesi, e l'ex calciatore Luca Pini. Tutti chiamati in causa per presunte combine quando indossavano la maglia verde dell'Avellino nella stagione 2013/14 del campionato di serie B. Due le partite finite nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Napoli: Modena-Avellino del 17 marzo 2014; la seconda è Avellino-Reggina del 25 maggio dello stesso anno. Gravi le ipotesi di reato formulate dalla procura nei confronti dei tre ex Avellino: concorso esterno in associazione mafiosa e concorso in frode sportiva. Per gli inquirenti ''si ponevano stabilmente a disposizione della organizzazione'' allo scopo di ''fare da tramite e corrompere giocatori allo scopo di influire fraudolentemente sui risultati delle partite, eventi sui quali gli esponenti apicali della Vinella scommettevano investendo proventi illeciti del sodalizio''. Nei confronti di Millesi e Pini è stata eseguita una ordinanza agli arresti domiciliari mentre Izzo è indagato in stato di libertà. Sette presunti esponenti della cosca sono invece finiti in carcere per vicende di droga. "Apprendo dai giornali notizie che mi vedono coinvolto in vicende a me assolutamente estranee. Sono un calciatore e non ho mai neanche pensato di truccare una partita". Questo il commento di Armando al sito Iamnaples.it che precisa altresì che "nelle due gare di cui parlano i mass media (Modena-Avellino e Avellino-Reggina, ndr) ero infortunato e non vi ho neanche preso parte. Ho piena fiducia nella Magistratura e sono sicuro di riuscire a chiarire la mia posizione".
Durante le indagini è stata intercettata una telefonata nella quale si dice: "Dobbiamo mangiare tre polpette, abbiamo la pancia piena" (AUDIO).
AVELLINO-REGGINA del 25 MAGGIo 2014 finita 3-0
Antonio e Umberto Accurso, entrambi al vertice dei "Vinella Grassi" (Umberto è sospettato tra l'altro di essere il mandante del raid contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano, fatta bersaglio di colpi di kalashnikov), avrebbero promesso 200.000 euro e poi consegnato 30.000 euro a Millesi, attraverso l'intermediazione di Pini. Millesi avrebbe utilizzato tale somma per corrompere altri giocatori; in particolare, avrebbe "influito" su Maurizio Peccarisi per favorire la rete del Modena contro l'Avellino. Sul match gli Accurso avrebbero scommesso 400.000 euro, guadagnandone 60.000. Per quanto riguarda Avellino-Reggina, Antonio Accurso avrebbe offerto 50.000 euro, consegnati sempre attraverso Pini a Millesi che li avrebbe utilizzati per corrompere giocatori della Reggina ''non identificati'' e favorire la vittoria degli irpini: su tale risultato Accurso aveva infatti scommesso 400.000 euro guadagnandone 110.000. Altri due tentativi di combine non sarebbero andati in porto. Di Izzo la procura sottolinea la circostanza che il difensore è nipote di uno dei fondatori del clan. Sarebbe stata l'organizzazione a contattarlo e a chiedergli se poteva impegnarsi a combinare le partite sulle quali avrebbero scommesso. L'indagine potrebbe anche estendersi. Il procuratore aggiunto della Dda Filippo Beatrice, che insieme con il sostituto della Dna Maria Vittoria De Simone e il pm Maurizio De Marco ha coordinato le indagini dei carabinieri, guidati dal generale Antonio De Vita, ha denunciato l'esistenza di ''un'area grigia che si interfaccia con i criminali". Per Beatrice, uno dei magistrati che condusse dieci anni fa l'inchiesta su Calciopoli, "vi sono alcuni soggetti che non giocano solo a pallone ma coltivano relazioni per ottenere informazioni e realizzare illeciti". I magistrati ritengono che la consegna di soldi ai calciatori sia assolutamente provata, grazie ai riscontri alle dichiarazioni del pentito offerte dagli sms e dalle conversazioni intercettate. Messaggi in codice tra esponenti dei Vinella Grassi e i giocatori, in cui si parla di orologi in luogo del denaro. ''Non è coinvolto l'Avellino, sembrerebbe che possano essere coinvolti alcuni giocatori ma non dirigenti o la società, per cui se ci trovassimo a dover rispondere di qualche infedeltà saremmo parte lesa'', ha affermato il presidente dell'Avellino, Walter Taccone.