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Foreste di alghe di Capraia 'prevedono' collasso ecosistema

Studio di Università Pisa e Mit Boston in Arcipelago Toscano

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Cambiamenti nella distribuzione degli organismi nello spazio possono rivelare quando un ecosistema è sull'orlo del collasso. E' la principale conclusione di uno studio condotto sulle foreste algali dell'Arcipelago Toscano (isola di Capraia) da un'equipe di ricercatori del dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa e del Mit di Boston. "Graduali cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l'aumento della temperatura - spiega una nota dell'ateneo toscano - il sovrasfruttamento delle risorse e la perdita di habitat, possono portare gli ecosistemi sull'orlo del collasso. Quando un ecosistema si avvicina al punto di non ritorno, diventa maggiormente sensibile a perturbazioni che altrimenti avrebbero effetti trascurabili. L'avvicinarsi di una transizione può quindi essere annunciato dal grado di propagazione di una perturbazione nello spazio, come la diffusione di una specie in un habitat dove essa non si dovrebbe trovare: maggiore è il grado di propagazione, maggiore è la vicinanza del sistema alla soglia critica che lo separa dal collasso". I ricercatori pisani, insieme ai colleghi del dipartimento di Fisica del Mit, hanno presentato il primo test sperimentale in natura di questa teoria, utilizzando le foreste 'in miniatura' di macroalghe dell'isola di Capraia come sistema di studio, mostrando come lo sfoltimento graduale della foresta, imposto sperimentalmente dai ricercatori, aprisse la strada all'invasione da parte di 'feltri' algali, specie di piccole dimensioni generalmente assenti quando la foresta è intatta. La ricerca ha mostrato che "degradando gradualmente le foreste di alghe, esse diventano gradualmente suscettibili alle perturbazioni (invasione da parte dei 'feltri') e che il grado di propagazione di una perturbazione nello spazio aumentava con l'avvicinarsi del sistema alla soglia critica di collasso della foresta". Il punto di non ritorno, stimato in un precedente esperimento, coincide con la perdita di circa il 75% dello strato arborescente della foresta. "Le foreste in miniatura di macroalghe costituiscono un sistema di studio ideale - sottolinea il biologo Lisandro Bendetti Cecchi - perché sono facilmente manipolabili sul campo e hanno tempi di risposta rapidi". In pratica, l'esperimento ha indotto una rimozione controllata della macroalga che costituisce lo strato arborescente della foresta da aree circoscritte, adiacenti ad aree precedentemente manipolate per favorire l'insediamento dei feltri. Ciò, ha permesso di valutare l'ipotesi secondo cui la capacità nello spazio di recupero del sistema da perturbazioni (la distanza a cui la foresta riusciva a bloccare la propagazione dei feltri dalla loro area di insediamento) doveva diminuire lungo il gradiente di perturbazione della foresta stessa.

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