Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato all'unanimità la proposta che istituisce la Commissione d'Inchiesta per le acque inquinate del Veneto in relazione alla contaminazione di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Si tratta di sostanze utilizzate in numerosi prodotti e applicazioni industriali, dotate di elevata persistenza nell'ambiente ed assorbibili anche da parte dell'organismo umano, in particolare tramite il consumo dell'acqua potabile e di alimenti. L'area interessata dall'immissione di Pfas in ambiente si estende per circa 200 kmq, tocca quattro province venete (Vicenza, Verona, Padova e Rovigo) e coinvolge circa 350.000 abitanti.
Oltre 800mila veneti, residenti in quattro province, sono a rischio nel bere acqua che risulterebbe inquinata da Pfas (sostanze perfluoralchiliche tossiche): a sostenerlo Greenpeace che ha presentato a Padova il rapporto "Non ce la beviamo". Il rapporto fa riferimento ai risultati delle analisi su campioni di acqua potabile raccolti da Greenpeace lo scorso aprile in 18 scuole primarie e sette fontane pubbliche nelle province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo. In più della metà dei campioni sono stati superati i valori di Pfas - riferiscono gli ambientalisti - ritenuti sicuri per la salute in Svezia e Stati Uniti. Questo dato è ancora più grave. è stato detto, visto che gran parte dei superamenti riguarda le scuole con i bambini, che sono tra i soggetti più a rischio. I risultati resi noti hanno evidenziato, seppur in concentrazioni diverse, la presenza di Pfas in tutti i campioni analizzati, incluse Padova, Verona, Vicenza e alcuni comuni della provincia di Rovigo, oltre ai comuni della zona rossa per i quali la contaminazione è già nota. Nel campione di acqua prelevato presso una scuola di San Giovanni Lupatoto, un comune non incluso nella zona a maggiore contaminazione, è stato superato, seppur di poco, il livello di Pfos (acido perfluorottansolfonico) consentito nell'acqua potabile in Veneto.
"Un approccio per nulla scientifico, ammantato di propaganda, buono solo per procurare allarmi del tutto ingiustificati. Sin dal primo giorno la Regione ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità, sia sul piano ambientale che sanitario. Dal punto di vista della salute stiamo lavorando con le massime autorità scientifiche nazionali, come il Ministero della Salute, e l'Istituto Superiore di Sanità, e internazionali, come l'Organizzazione Mondiale della Sanità. La scienza fa la differenza. Se Greenpeace non lo sa, s'informi e la smetta di giocare con le paure della gente". E' questo il commento dell'assessore alla sanità della Regione del Veneto Luca Coletto all'allarme lanciato oggi da Greenpeace, che sostiene che 800 mila veneti sarebbero a rischio di aver assunto Pfas. "La Regione, il Ministero, l'Istituto Superiore di Sanità, l'Oms - aggiunge - ne sanno più di loro e, per affrontare il problema non hanno certo bisogno di sedicenti campagne di rilevazione, condotte non si sa con quali criteri e su un campione infinitesimale". "Gli acquedotti - ricorda - sono stati messi in sicurezza appena venuti a conoscenza della situazione; sono in corso e quasi conclusi i monitoraggi sugli alimenti; è partita una vasta campagna di screening sulla popolazione certamente interessata da valori alti residente nella cosiddetta zona rossa; è già stato compiuto uno studio scientifico approfondito da parte del Registro Tumori che ha escluso al momento un effetto dei Pfas sull'incidenza delle neoplasie. Investiremo decine di milioni nei prossimi anni per proseguire nel monitoraggio delle persone e curare quelle che dovessero presentare effetti negativi sulla salute. Noi lavoriamo sodo e in silenzio - conclude - Greenpeace la smetta di urlare in maniera così scomposta".