ROMA - L'Italia ha acquedotti vecchi rispetto al resto d'Europa (il 60% è stato messo in posa oltre 30 anni fa e il 25% supera i 50 anni), la depurazione è assente per l'11% dei cittadini, le reti hanno una percentuale media di perdita pari al 39%, con punte che al Sud e nelle Isole arrivano al 50%, le tariffe sono tra le più basse d'Europa, con 34-34 euro per abitante all'anno rispetto ai 129 euro della Danimarca, 102 del Regno Unito, 88 della Francia, 80 della Germania. Sono i dati dei servizi idrici nel nostro paese, forniti da Utilitalia (l'associazione delle aziende di categoria) in vista della Giornata Mondiale dell'Acqua, giovedì 22 marzo.
"Il fabbisogno di investimenti necessario per colmare il gap rispetto al resto d'Europa è di circa 5 miliardi di euro all'anno - scrive Utilitalia in una nota -: un miliardo per recuperare il gap infrastrutturale in tema di depurazione dei reflui urbani, 2,5-3,5 miliardi per le opere e la manutenzione straordinaria, un miliardo per il raggiungimento del buon stato ecologico dei corpi idrici superficiali".
Per Utilitalia "è necessario che l'Italia pensi, sulla scia di quanto successo per l'energia con la Sen, a una Strategia idrica nazionale (Sin)". Secondo l'associazione di categoria è "fondamentale alzare lo sguardo, assumere un orizzonte almeno decennale, definendo un Piano di investimenti di ampio respiro e le relative priorità, immaginando un assetto industriale del settore che valorizzi operatori efficienti e competenti. Non da ultimo, educando cittadini ed imprese ad un uso responsabile del bene acqua".