Gli impianti di dissalazione nel mondo hanno la capacità di produrre 95 milioni di metri cubici di acqua dolce al giorno, pari al 40% del flusso delle cascate del Niagara. Ogni litro prodotto, tuttavia, genera un litro e mezzo di acqua ipersalata, che contiene sostanze chimiche tossiche. Questa "salamoia tossica" viene reimmessa negli oceani, mettendo a rischio gli ecosistemi marini. A lanciare l'allarme è l'Istituto per l'acqua, l'ambiente e la salute dell'università delle Nazioni Unite.
Nel mondo esistono ad oggi 16mila dissalatori, concentrati in Medio Oriente e Nord Africa, che rispondono alla crescente domanda d'acqua potabile a producono uno scarto considerevole: 142 milioni di metri cubici di salamoia al giorno, il 50% in più rispetto a quanto stimato in precedenza. Si tratta di 51,8 miliardi di metri cubici d'acqua iper-salata all'anno, abbastanza per mettere l'Italia intera sotto 17 centimetri di salamoia.
Queste acque di scarto, spiegano gli esperti nello studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, vengono spesso rigettate negli oceani dove minacciano gli ecosistemi, sia perché aumentano la salinità, sia perché contengono sostanze chimiche tossiche provenienti dagli antivegetativi e dagli antincrostanti usati negli impianti di dissalazione.
Tuttavia "questo problema ambientale può essere trasformato in una risorsa economica", evidenziano i ricercatori. L'acqua di scarto può infatti essere usata in acquacoltura, per irrigare le specie tolleranti al sale, per generare elettricità e per recuperare il sale e i metalli contenuti nella salamoia, tra cui magnesio, cloruro di sodio, calcio, potassio, cloro, bromo e litio.