Le acque del fiume Po più trasparenti negli ultimi mesi non sono un effetto 'positivo' del lockdown, della limitazione di attività e spostamenti umani imposta per l'emergenza del Sars-Cov2, ma piuttosto una conseguenza della minor quantità di pioggia caduta tra gennaio e aprile che ha favorito una maggiore sedimentazione di fango e sabbia. È quanto emerge dall'analisi sulla qualità delle acque del Po prima e dopo il lockdown effettuata dall'Autorità distrettuale del fiume Po - Ministero dell'Ambiente e resa nota oggi in conferenza a Parma.
Anche altri indicatori suggeriscono che il lockdown umano non ha avuto effetti di rilievo sul Po. Ad aprile la presenza di prodotti fitosanitari è risultata compatibile con i trattamenti in agricoltura del periodo. Quanto ai nutrienti (nitrati e ammonio) sono diminuiti ma in linea con i cali rilevati in altri anni con carenza di piogge. Prima e post Covid non c'è stata inoltre alcuna diminuzione significativa di sostanze inquinanti di origine industriale. La grande maggioranza degli scarichi industriali, spiega l'Autorità, è già collettata in reti e sistemi di depurazione che permettono l'abbattimento di tali sostanze prima dello scarico in acque superficiali. E anzi l'assenza di un calo significativo durante il lockdown "dimostra la buona efficienza dei sistemi depurativi esistenti all'interno del distretto del Po".
L'analisi si basa su rilievi effettuati tra gennaio e aprile in sette punti: Castel San Giovanni (Piacenza), Roncarolo di Caorso (Piacenza), Sacca di Colorno (Parma), Boretto (Reggio Emilia), Salvatonica impianto Palantone di Bondeno (Ferrara), Pontelagoscuro (Ferrara), Serravalle di Berra Comune di Riva del Po e Delta del Po (Ferrara) in chiusura del bacino idrografico del fiume.