Domani si celebra la sesta giornata mondiale del rinoceronte, che arriva con un record negativo alle spalle: il 2015 è stato l'anno peggiore per questo animale, con 1.338 esemplari caduti in Africa e Asia per mano dei bracconieri, secondo quanto riportato dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Dal 2007, quando le uccisioni furono 13, si è registrata una escalation di violenza che ha portato il bilancio delle vittime a 5.953 in nove anni.
L'obiettivo internazionale è salvare le cinque specie ancora viventi di rinoceronte, di cui due sopravvivono in Africa e tre in Asia, per un totale inferiore ai 28mila esemplari. Accanto al contrasto al bracconaggio, lo scopo è perseguito anche con l'allevamento di alcune centinaia di esemplari in Europa. In 78 parchi zoologici del Vecchio Continente si contano 292 esemplari, di cui due, Toby e Benno, vivono nel parco Natura Viva di Bussolengo (Verona). Il contingente europeo costituisce una riserva genetica preziosa di fronte a quanto accade nell'habitat naturale di questo mammifero.
La domanda di corno di Rinoceronte proveniente dall'Asia, infatti, non sembra arrestarsi, e soprattutto in Cina e Vietnam la richiesta non dipende più solo dall'uso del corno nella medicina tradizionale. "Possedere parti di corno impiegato in varie forme sembra ormai diventato uno status symbol delle classi sociali emergenti", dice Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del parco Natura Viva. "Sul mercato nero assume un valore molto alto e, in queste condizioni, i bracconieri si spingono ad azioni pianificate, dotate di strumenti ad alta tecnologia che stanno determinando una vera e propria guerriglia".
Secondo i dati diffusi dalla Federazione Internazionale Ranger, nell'ultimo anno sono morti almeno 96 uomini in servizio tra Asia e Africa mentre compivano azioni di contrasto al bracconaggio.