ROMA - Se nelle indagini per omicidio la prova del DNA aiuta a collegare l'assassino con la scena del crimine e a metterlo dietro le sbarre, nei reati ambientali è usato con successo per collegare i corni sequestrati ai bracconieri e ai trafficanti con le scene del crimine in cui sono state rinvenute carcasse di rinoceronte. A fare il punto è uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology.
Il sistema "Rhino DNA Index System" per prelevare e custodire i campioni di DNA, scrivono i ricercatori, è già stato usato in 5.800 casi forensi. In 120 casi ha consentito di provare il legame tra corni sequestrati, elementi di prova macchiati di sangue e carcasse specifiche di rinoceronte.
"A differenza di lavori simili in cui i database genetici forniscono un'indicazione di provenienza geografica, questo sistema fornisce corrispondenze individuali che, analogamente al profilo del DNA umano, vengono utilizzate come prove dirette in casi giudiziari", spiega Cindy Harper dell'università sudafricana di Pretoria, autrice dello studio.
Il fenomeno crescente del bracconaggio ai danni dei rinoceronti indiani e africani vede gli esemplari mutilati e uccisi per impadronirsi dei loro corni. Solo in Africa nell'ultimo decennio sono stati uccisi 6.680 rinoceronti; nello stesso arco di tempo in Sudafrica il bracconaggio è aumentato del 9.000%.