ROMA - Sono diventati il simbolo della crisi ambientale nell'Artico, ma gli orsi bianchi non sono la specie più minacciata del Polo Nord. A correre i rischi maggiori sono i narvali, mammiferi marini le cui rotte migratorie incrociano quelle delle navi, seguiti da beluga, balene della Groenlandia e trichechi. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle Scienze (Pnas), condotto dai ricercatori delle Università americane di Washington e dell'Alaska a Fairbanks, coordinati da Donna Hauser.
Gli autori hanno studiato l'impatto dell'aumento del traffico navale, sia commerciale che turistico, lungo il mitico Passaggio a Nord-Ovest su 80 popolazioni di 7 specie di mammiferi marini.
Questa rotta è una 'scorciatoia' per passare dall'oceano Atlantico al Pacifico, resa più facilmente navigabile negli ultimi anni durante i mesi estivi e i primi mesi autunnali dallo scioglimento dei ghiacci artici legato al riscaldamento globale.
I risultati mostrano, in particolare, che più della metà dei mammiferi presi in esame, 42 popolazioni, sono a rischio. I punti più critici, con un rischio d'impatto con le navi due o tre volte superiore al resto della rotta del Passaggio a Nord-Ovest, sono lo stretto di Bering, che separa gli Stati Uniti e la Russia, e lo stretto di Lancaster, accanto alla Baia di Baffin in territorio canadese. "Il traffico navale è destinato a crescere in queste regioni artiche così sensibili e questo solleva la questione di come proteggere le specie marine", ha detto Hauser. Per la ricercatrice, lo studio "potrebbe fornire preziose indicazioni per mettere a punto linee guida per proteggere la salute dei mammiferi marini nell'Artico".