ROMA - Soffocate dalle plastiche, intrappolate nelle reti, intossicate dai rifiuti, ferite dalle eliche: le tartarughe marine hanno bisogno di aiuto. Nel Mediterraneo ogni anno più di 40mila tartarughe perdono la vita a causa di catture accidentali durante le attività di pesca, per il traffico marittimo, a causa dell'inquinamento marino e delle plastiche che vengono scambiate per cibo.
In occasione del Tartaday, la giornata dedicata alla salvaguardia delle tartarughe marine e del loro habitat, i partner e i Centri di recupero e cura delle tartarughe marine aderenti al progetto TartaLife venerdì 17 agosto apriranno le porte ai visitatori per illustrare il loro lavoro e far conoscere da vicino il mondo delle tartarughe marine. Ma non solo: alcuni centri organizzeranno le liberazioni degli esemplari curati e pronti per tornare a vivere in mare. Gli eventi si trovano su www.tartalife.eu/it.
"Il progetto TartaLife e i suoi partner, da 5 anni lavorano ininterrottamente 365 giorni all'anno per contribuire fattivamente alla conservazione della tartaruga marina - ha dichiarato Alessandro Lucchetti del CNR-ISMAR di Ancona, capofila del progetto -. Lo abbiamo fatto sviluppando e diffondendo fra i pescatori attrezzi da pesca a basso impatto, potenziando i centri di recupero, formando i pescatori su cosa fare in caso di catture accidentali. Dopo 5 anni possiamo dire di aver pescatori più consapevoli, responsabili e collaborativi e questo è senza dubbio il risultato più confortante".
Oltre il 70% delle tartarughe ricoverate presenta residui di plastiche nel tratto gastrointestinale. Nella maggior parte dei casi si tratta di plastiche fluttuanti che le tartarughe scambiano per meduse, ma da questi animali sono stati estratti anche cotton fioc, pezzi di rete, tappi e piccoli oggetti abbandonati in mare.