di Laura Giannoni
La nuova bozza dell'accordo stilata alla conferenza di Parigi sul Clima lascia aperto, tra le altre cose, il nodo del surriscaldamento globale. La questione è tutt'altro che secondaria perché, stando alla scienza, la differenza tra un pianeta più caldo di un grado e mezzo oppure di due gradi a fine secolo è notevole, e diventa cruciale per i Paesi più esposti agli effetti del cambiamento climatico.
A delineare i due scenari è il team internazionale di esperti del Climate Analytics, secondo cui, in termini generali, sopra il grado e mezzo gli impatti devastanti del clima si impennano, soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali. Per mantenere le temperature sotto questo valore, di contro, servirebbero sforzi maggiori da parte dei Paesi sviluppati ed emergenti. Gli stessi Paesi che dovrebbero stanziare le risorse - altro nodo da sciogliere - per aiutare le aree più vulnerabili e povere della Terra a mettere in campo misure di mitigazione e adattamento ai mutamenti del clima.
Nella rete degli interessi in gioco, i ricercatori del Climate Analytics cercano di fare chiarezza sulle differenze tra 1,5 e 2 gradi. Spiegano che le ondate di calore, ad esempio, andrebbero a durare non un mese ma un mese e mezzo a livello mondiale, e non due ma tre mesi nelle fasce tropicali. Tra 1,5 e 2 gradi, dicono, c'è il passaggio "da eventi che sono al limite dell'attuale variabilità naturale a un nuovo regime climatico". Ad aumentare sarebbero anche i periodi di siccità, mentre diminuirebbe la disponibilità d'acqua, pure nel Mediterraneo.
L'agricoltura sarebbe colpita duramente. Nella metà delle aree mondiali dove si coltiva la terra, i rendimenti di grano, riso, mais e soia sono previsti in calo, tanto più accentuato quanto più sale la febbre del Pianeta. Le conseguenze peggiori ricadrebbero sulle regioni tropicali come Africa occidentale, sudest asiatico e America meridionale. Con temperature a +2 gradi, "virtualmente tutte le barriere coralline tropicali, che proteggono le coste, rischieranno un forte degrado". E di questa protezione le località costiere hanno bisogno, perché con un grado e mezzo in più il livello del mare si innalzerà di 40 centimetri, e con due gradi salirà di mezzo metro. Quei 10 centimetri, in alcune parti del globo, possono fare la differenza tra il restare nella propria casa o doverla abbandonare perché sommersa. È per questo che gli Stati insulari del Pacifico e dei Caraibi sono i primi a battersi a Parigi per fissare la soglia a 1,5 gradi, un obiettivo condiviso anche dall'Italia e ribadito dal ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti. Ma l'accordo globale, a due giorni dalla fine dei negoziati, non c'è.