Con la Nasa che ha appena certificato il 2015 come l'anno più caldo di sempre e il raggiungimento di un grado centigrado sopra i livelli preindustriali, l'obiettivo stabilito dall'accordo di Parigi sul clima - mantenere il riscaldamento globale almeno entro i due gradi a fine secolo - chiede misure di mitigazione ancora più efficaci e tempestive. Eppure, secondo un team internazionale di ricercatori, il limite di due gradi potrebbe essere già stato superato da 15 anni nelle regioni intorno all'Artico, e potrebbe essere varcato nel 2030 nel Mediterraneo, in Usa e in Brasile. Un aumento di due gradi della temperatura media globale, spiegano infatti gli esperti capitanati dal Politecnico federale di Zurigo, si traduce in un termometro ancora più alto, fino a 6 gradi in più, nelle aree del mondo in cui viviamo.
In uno studio pubblicato sulla rivista Nature, i ricercatori sostengono che con un aumento della temperatura media globale pari a 2 gradi, la temperatura minima annuale registrata nell'Artico salirebbe tra i 5,5 e gli 8 gradi, mentre la temperatura massima nel bacino del Mediterraneo crescerebbe di 3 gradi. I picchi del termometro che si toccherebbero in Alaska, Canada, Nord Europa, Russia e Groenlandia potrebbero avere un impatto globale. In primis l'accelerazione dello scioglimento dei ghiacci, e quindi dell'innalzamento del livello del mare.
"La differenza tra la temperatura media globale e le temperature massime e minime registrate a livello regionale sulla terraferma non solo ha un impatto climatico diretto, ma significa che dovremmo riconsiderare il quantitativo di CO2 che possiamo emettere", evidenziano gli studiosi.
In sostanza, dicono, bisogna riprendere in mano la calcolatrice. Per mantenere l'aumento della temperatura massima annuale del Mediterraneo entro i due gradi, ad esempio, le emissioni cumulative di CO2 dovranno essere limitate a 600 miliardi di tonnellate, e non a 850 miliardi come attualmente stimato.