La variopinta barriera corallina del pesce Nemo si sta trasformando in una distesa sbiadita inghiottita da un mare cristallino. Il 93% delle scogliere che compongono la Grande barriera corallina australiana, patrimonio Unesco, è colpita da sbiancamento. Il quadro emerge dal monitoraggio aereo effettuato sui 2.300 chilometri di barriera dalla task force di scienziati dell'ARC Centre della James Cook University guidata dal biologo Terry Hughes. Lo spettacolo, dice lo scienziato all'ANSA, è "straziante".
Il fenomeno in atto "è il più grave che abbiamo mai documentato, peggiore perfino del primo evento nel 1998 e del secondo nel 2002", spiega il professor Hughes. "La metà settentrionale della Grande barriera risulta gravemente danneggiata, dalla Nuova Guinea verso Sud per circa mille chilometri". "È come se 10 cicloni l'avessero colpita simultaneamente". E in alcune scogliere si registra un tasso di mortalità dei coralli fino al 50%. Lo sbiancamento - che si verifica quando per effetto delle acque più calde i coralli espellono un'alga fondamentale per il loro nutrimento (che dà loro colore) - non è solo un danno ambientale. Le attività turistiche legate alla barriera, afferma Hughes, danno lavoro "a 70 mila persone soltanto nel Queensland". "La causa principale è il riscaldamento globale", spiega il biologo, connesso ai "mutamenti del clima di origine antropica". La presenza di El Nino, precisa Hughes, è solo un'aggravante. L'unica vera azione efficace "nel medio e lungo termine", sottolinea, è quella di "ridurre le emissioni di CO2".