Mezzo grado in più sulla "febbre" del pianeta - da 1,5 a 2 gradi - può fare una grossa differenza: entro il 2100 l'innalzamento globale del livello dei mari sarebbe maggiore di 10 centimetri, si avrebbero ondate di calore più lunghe e le barriere coralline tropicali sarebbero a rischio. A questa conclusione arriva uno studio pubblicato oggi su Earth System Dynamics in occasione dell'assemblea generale dell'Unione europea delle Geoscienze (Egu) e alla vigilia della riunione all'Onu per sottoscrivere l'accordo della Cop21 che prevede azioni per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi.
Il team di ricerca, composto da scienziati provenienti da Germania, Svizzera, Austria e Olanda, ha individuato una serie di aree in tutto il mondo in cui gli impatti climatici previsti con un aumento della temperatura globale di 2 gradi sono molto più gravi rispetto a quelli che si verificherebbero con un aumento di un grado e mezzo. Fra queste regioni c'è il Mediterraneo: con un aumento di 1,5 gradi, spiegano i ricercatori, la disponibilità di acqua fresca dovrebbe diminuire del 10% rispetto alla fine del XX secolo, mentre con un aumento di 2 gradi ci sarebbe il 20% di acqua in meno.
Nelle regioni tropicali il mezzo grado di differenza avrebbe conseguenze negative per i raccolti, in particolare in America centrale e Africa occidentale. Le colture di mais e frumento calerebbero di più del doppio tra uno scenario e l'altro. Senza contare gli effetti sulle barriere coralline: con un aumento della temperatura limitato a 1,5 gradi si aprirebbe una finestra di recupero. Invece con un aumento di 2 gradi entro il 2100 tutti questi ecosistemi sarebbero esposti a degrado per via dei fenomeni di sbiancamento.
Quanto all'innalzamento del livello dei mari su scala globale, questo viene quantificato in circa 50 centimetri nel 2100 con un mondo più caldo di 2 gradi, ben 10 centimetri in più rispetto all'altro scenario.