La chiave per contrastare le emissioni di carbonio e la carenza alimentare nel mondo dovute ai cambiamenti climatici potrebbe trovarsi in un'antica tecnica agricola praticata per secoli nei villaggi dall'Africa occidentale. Lo afferma uno studio globale guidato dall'Università del Sussex, che ha analizzato terreni in Liberia e Ghana.
Il metodo in questione trasforma i suoli poveri di nutrienti delle foreste pluviali in terre fertili adatte alla coltivazione, che allo stesso tempo contengono anche più carbonio di altri terreni. L'usanza era quella di riversare nel suolo carbone, cenere, ossa e altri rifiuti alimentari, un metodo che rende nero il terreno (di qui il nome di "African Dark Earths" dato dai ricercatori) e che ha reso i campi di Liberia e Ghana molto più facilmente coltivabili. I suoli analizzati contenevano una quantità di carbonio organico superiore del 200-300% rispetto ad altri e risultavano in grado di sopportare molto meglio l'agricoltura intensiva.
"Imitare questo antico metodo potrebbe trasformare la vita di migliaia di persone che vivono in alcune delle regioni più povere e più colpite dalla fame dell'Africa", ha spiegato il professor James Fairhead, dell'Università del Sussex, che ha guidato lo studio. "C'è ancora lavoro da fare - ha aggiunto - ma questa semplice ed efficace pratica agricola potrebbe essere una risposta alle principali sfide globali, come lo sviluppo di sistemi agricoli 'climate smart' che siano in grado di alimentare una popolazione in crescita e di adattarsi ai cambiamenti climatici".
Tipologie simili di suolo create dalle popolazioni pre-colombiane sono state di recente scoperte anche in Sudamerica. Le tecniche alla loro base però rimangono sconosciute, cancellate dall'arrivo dei conquistatori europei.