Le zone umide costiere - dalle foreste di mangrovie alle paludi create dalle maree - sono dei "magazzini" top per il carbonio, uno strumento naturale per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e in particolare per le emissioni di gas a effetto serra. Lo afferma un nuovo studio americano pubblicato sulla rivista Frontiers in Ecology and the Environment alla vigilia della Giornata mondiale delle zone umide che si celebra il 2 febbraio, data che ricorda l'adozione della Convenzione di Ramsar, la città iraniana sulle spiagge del mar Caspio: un accordo internazionale che da allora ha permesso di identificare le più importanti aree umide del mondo: stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e artificiali permanenti con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata, comprendendo aree marittime la cui profondità in condizioni di bassa marea non supera i sei metri.
Un team di ricercatori dell'Università del Maryland evidenzia che le zone umide costiere - a differenza di altri ecosistemi marini come i coralli o le foreste di alghe kelp - riescono a immagazzinare anidride carbonica dall'atmosfera per periodi molto lunghi di tempo, da centinaia a migliaia di anni. Le foreste di mangrovie, affermano, da sole catturano e conservano 34 tonnellate di carbonio all'anno, pari a quello emesso da 24 milioni di vetture.
Ma non solo. Lo studio sottolinea anche che le zone umide costiere sono una protezione naturale da fenomeni come le tempeste in aumento e l'erosione, inondazioni, siccità e cicloni sulle comunità. Si tratta di ambienti che i governi potrebbero gestire più facilmente, notano gli esperti, rispetto a ecosistemi che magari si trovano in acque internazionali e che quindi richiedono politiche di conservazione più complesse.
Le zone umide, ricorda legambiente sul proprio sito web, sono ambienti fondamentali per gli equilibri della vita, sono dei serbatoi di biodiversità e accolgono una infinità varietà di specie animali e vegetali. Garantiscono abbondanti risorse di acqua e cibo e lo stoccaggio del carbonio. Eppure sono tra gli ecosistemi più a rischio del pianeta. La pressione antropica e il riscaldamento globale infatti ne mettono sempre più in pericolo gli equilibri delicati e complessi e nell’ultimo secolo oltre il 64% delle zone umide sono scomparse. Per far crescere tra i cittadini e le istituzioni la consapevolezza sulla necessità di tutelare adeguatamente questi habitat speciali, Legambiente organizza, nelle giornate tra il 2 e il 5 febbraio, iniziative di informazione e sensibilizzazione.