ROMA - Sarà sempre più a Nord, oltre il 45/o parallelo, il futuro produttivo dell'olivicoltura a causa dei cambiamenti climatici e del variare delle temperature che investono il bacino del Mediterraneo. A spiegarlo nel dettaglio con varie posizioni sull'argomento i ricercatori del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) e i professionisti del Conaf (Consiglio dell'ordine nazionale dei dottori agrononomi e dei dottori forestali) che si sono riuniti oggi a Roma per l'incontro "L'agricoltura italiana di fronte ai cambiamenti climatici: il caso dell'olivicoltura".
Nello stesso incontro sono stati presentati i dati di "Olive- Miracle", progetto di ricerca europeo sulle soluzioni modellistiche per le migliori strategie gestionali per l'olivicoltura contro i futuri cambiamenti climatici. A portare avanti in particolare la tesi di un asset produttivo in continuo cambiamento verso il 45/o parallelo è Samanta Zelasco del Crea di Rende (Cosenza). "Stiamo assistendo - dice la ricercatrice - a un' espansione progressiva in areali caratterizzati da maggiore altitudine e latitudine con un 'olivicoltura nuova e in crescita per una superficie totale investita che è aumentata di circa 60mila ettari dal 2012 al 2017".
I motivi del cambiamento - prosegue Zelasco - sono addebitabili all'andamento meteorologico sulla biologia della specie e sui cicli di crescita della pianta e per questo, rileva, "servono approcci multidisciplinari per mitigare gli effetti del cambiamento climatico". Dell'espansione a Nord parla anche Alberto Giuliani del Conaf: "l'impatto ambientale con un aumento delle temperature in altitudine può favorire - sostiene il professionista - un'espansione dell'olivicoltura in questi areali". Infine Carmela Pecora del Conaf ha annunciano prove di sperimentazione oltre i mille metri sul livello mare nel Parco della Sila in Calabria per verificare la resistenza e la produttività della piante.