Il Monviso a rischio di "possibili fenomeni importanti di frana" che potrebbero essere determinati dai cambiamenti climatici. Questa la diagnosi dei geologi di Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) dopo il sopralluogo effettuato a seguito dell' imponente crollo avvenuto il 26 dicembre sulla parete est, da dove si sono staccati 200 mila metri cubi di roccia. Gli esperti ipotizzano che causa del collasso, oltre alla fratturazione della roccia, sia la degradazione del permafrost, lo strato perennemente gelato.
Il distacco di roccia sul Monviso si è verificato alla sommità del Torrione del Sucai, a 3200 metri di altitudine e si è sviluppato fino a 2800 metri, interessando una fascia rocciosa di 45-55 metri. I massi di maggiori dimensione rotolati a valle sono almeno 4, con una volumetria di 150-250 metri cubi.
La frana viene monitorata con grande attenzione: "Considerata la marcata fratturazione dell'ammasso roccioso nel settore già interessato dal crollo, è probabile - scrivono nella relazione i geologi di Arpa - che la parete non abbia ancora raggiunto un equilibrio". Nei prossimi giorni la parete est del Monviso, la montagna da cui nasce il fiume Po, verrà ispezionata con un drone.