Attraverso il deserto bianco, l'Antartide, per oltre un mese per raccogliere dati che aiuteranno a controllarne lo stato di salute e verificare che non sia in corso un processo di fusione. E' quanto ha fatto la spedizione italo-francese Eaiist (East Antarctic International Ice Sheet Traverse) organizzata dall'Istituto Polare Francese (Ipev) e dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra, finanziato dal Ministero per l'Istruzione, Università e Ricerca e coordinato da Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) ed Enea. Alla ricerca hanno partecipato Consiglio francese delle Ricerche (Cnrs), Università Grenoble Alpes, e l'Ingv. Obiettivo del progetto è la raccolta di dati che consentano la stima delle precipitazioni al centro del continente bianco, lungo un percorso mai battuto finora, e permettano agli scienziati la verifica dei risultati di alcuni modelli di circolazione atmosferica e una stima più attendibile del fenomeno dell’aumento del livello dei mari, attraverso lo studio degli archivi climatici raccolti.
Una fusione accelerata della calotta polare è già stata rilevata dalla comunità scientifica nelle zone costiere, ma alcuni modelli di circolazione atmosferica indicano che il riscaldamento potrebbe essere accompagnato da precipitazioni più intense sul continente bianco. Se questa ipotesi fosse vera, la perdita di massa della calotta glaciale potrebbe essere in parte controbilanciata dall'aumento di precipitazione nevosa e il fenomeno dell'aumento del livello dei mari potrebbe essere stimato in modo più accurato.
Per trovare le risposte la spedizione è partita il 7 dicembre 2019 dalla base italo-francese Concordia, sul plateau antartico, diretta verso Sud per raccogliere dati sulle precipitazioni, lungo un percorso mai battuto finora. Dieci i ricercatori che hanno affrontato la traversata, due dei quali italiani. Hanno percorso complessivamente 800 chilometri fino a raggiungere l'area delle grandi dune antartiche: superfici dall'apparenza vetrosa dove il ghiaccio è liscio e scoperto con ondulazioni su larga scala, invisibili a occhio nudo ma rilevabili da satellite. Oltre a raccogliere campioni di neve e carote di ghiaccio, i ricercatori hanno installato sei stazioni sismiche con sensori a larga banda e cinque stazioni Gps ed eseguito rilievi fotogrammetrici superficiali e georadar lungo un percorso di circa 1.200 chilometri, per lo studio dell'accumulo nevoso e la stratificazione nelle diverse aree attraversate.