La Consulta cancella l'interdizione per dieci anni dagli incentivi per la produzione di energia elettrica da parte di chi ne aveva fatto richiesta per l'installazione di un impianto fotovoltaico i cui lavori non sono finiti entro i termini fissati dalla legge. Le norme che la prevedevano, cioè gli articoli 43 e 23 del decreto legislativo 28 del 2011, che ha dato attuazione alla Direttiva 28 dell'Unione europea sulla promozione dell'energia da fonti rinnovabili, sono viziate da "illegittimità costituzionale", ha stabilito la Corte con la sentenza numero 51, depositata oggi.
La ragione della censura è che il legislatore delegato è andato ben oltre le indicazioni della legge delega, la 96 del 2010; che ha previsto per le infrazioni sanzioni penali e amministrative, "limitando queste ultime solo a quelle di tipo pecuniario". L'interdizione decennale dagli incentivi è dunque una "misura eccentrica" rispetto al perimetro dell'intervento disegnato dalla legge delega. Ma non basta: l'interdizione incide "sull'esercizio della libertà di iniziativa economica privata imprenditoriale (in un settore di attività particolarmente legato al sostegno di incentivi), nei confronti di un'ampia platea di soggetti e per un periodo di tempo particolarmente rilevante, in termini di rigido automatismo e di non graduabilità". E così "contraddice manifestamente i principi di proporzionalità ed adeguatezza ai quali il legislatore delegante voleva, viceversa, conformata la risposta alle infrazioni alle disposizioni dei decreti attuativi commesse dagli operatori del settore".