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Chevron rinuncia a petrolio del parco marino australiano

Decisione un anno dopo quella della BP, esultano ambientalisti

Redazione ANSA SYDNEY

La Chevron è diventata la seconda grande compagnia petrolifera, un anno dopo la BP, ad abbandonare i piani di estrazione di petrolio nelle acque incontaminate del Great Australian Bight, la Grande Baia che delimita al sud gli stati del South Australia e del Western Australia. Le grandi del petrolio avevano paragonato il potenziale del Great Bight al Golfo del Messico, dove operano migliaia di piattaforme petrolifere, ma ai piani di estrazione si erano opposti non solo gli ambientalisti, ma anche i settori del turismo e della pesca e i governi locali, preoccupati per i rischi per le coste oceaniche incontaminate e per una vita marina vulnerabile.

La Chevron ha spiegato che la decisione non è legata a programmi politici o regolamenti governativi o alle preoccupazioni delle comunità o degli ambientalisti, ma a ragioni puramente commerciali, come i bassi prezzi del greggio e l'esistenza di giacimenti più competitivi al largo del Western Australia. L'Australian Petroleum Association ha espresso disappunto per la decisione della Chevron dopo quella della BP, affermando che la produzione nel Great Bight poteva alleviare la dipendenza dell'Australia dalle importazioni. Tuttavia il petrolio prodotto sarebbe stato comunque spedito con ogni probabilità in Asia, data la scarsezza di raffinerie in Australia. Gli ambientalisti cantano vittoria per l'annuncio della Chevron e chiedono alle altre compagnie minori con licenza di esplorazione dell'area di seguirne l'esempio. "La Chevron ha capito quello di cui si era resa conto la Bp quando si è ritirata un anno fa", ha detto Peter Owen della Wilderness Society, che combatte da anni contro i piani di estrazione petrolifera nella Grande Baia. "La decisione della BP aveva mostrato che è troppo costoso stabilire una gestione rischiosa e una capacità di depurazione adeguata per proteggere dagli enormi rischi di perdite in mare", ha aggiunto.

"Non bisogna espandere l'industria dei combustibili fossili in mari incontaminati e pericolosi, dove il rischio di perdite di petrolio è molto maggiore", gli ha fatto eco il direttore di Sea Shepherd Australia, Jeff Hansen. "Una rapida transizione per chiudere del tutto questo settore è la nostra sola speranza di un clima vivibile per i nostri figli", ha aggiunto.

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