e7, il settimanale di Quotidiano Energia - L’agenzia ufficiale iraniana “Shana” ha comunicato che Russia, Iran e Turchia hanno firmato un accordo per condividere investimenti in progetti destinati allo sviluppo del settore petrolifero e del gas. La firma è avvenuta l’8 agosto scorso a Mosca tra l’iraniana Ghadir, attiva nel campo degli investimenti nelle fonti fossili, l’intermediario russo Zarubezhneft e la turca Unit International. Secondo quanto riportato dalla stessa “Shana”, questo è il primo accordo di investimento e partecipazione tripartito tra un’impresa iraniana e imprese straniere, allo scopo di cofinanziare progetti di ricerca e sviluppo in Iran e all’estero.
Il documento approvato indica la Ghadir come guida del consorzio, le altre due imprese parteciperanno con quote di investimento in progetti cofinanziati. L’accordo prevede, inoltre, la condivisione del controllo di tutte le attività tecniche ed economiche rivolte all’implementazione dei progetti di sviluppo riguardo le attività connesse ai settori gas e petrolio, mediante la creazione di squadre, partecipate dai tre membri, di funzionari tecnici e analisti economici.
Circa un mese dopo l’accordo, si è svolto ad Astana, capitale del Kazakistan, l’ennesimo, il sesto, incontro per i negoziati riguardanti la guerra in Siria, partecipato da Russia, Iran e Turchia.
Quali sono le relazioni tra questi due momenti, apparentemente sconnessi? Considerando definitivamente risolti gli attriti tra Russia e Turchia per l’abbattimento del bombardiere Su 24 sul territorio turco.
Innanzitutto le posizioni nello scacchiere siriano: Mosca difende Assad, Ankara bombarda i curdi e Tehran combatte lo stato islamico. La Russia tutela il suo alleato storico, Ankara cerca di bloccare l’avanzata del “Grande Kurdistan” iniziata in Iraq da Barzani, che si è dimesso pochi giorni fa per favorire la soluzione di questioni sui confini con l’Iraq, mentre l’Iran cerca una “continuità” geografica-religiosa con le comunità sciite presenti nell’area. Inoltre la Turchia si propone come forte baluardo sunnita cercando, a seguito della smarrita laicità kemalista, di imporsi come riferimento nel mondo musulmano.
Altra caratteristica è l’ostilità nei confronti degli Stati Uniti, anche se soprattutto formale, visto che rispetto all’amministrazione Obama, Trump appare più pragmatico.
Sembra che le esigenze di carattere energetico ed economico abbiano preso il sopravvento su quelle ideologico-settarie che hanno contraddistinto le relazioni tra questi “mondi” apparentemente lontani. Si sta dipanando una fascia che partendo dalla Turchia, arriva in Iran, attraversa le repubbliche centrali asiatiche e termina in Cina. Una nuova “Via della seta”.
Oltre al “disimpegno” degli Stati Uniti, come sempre si nota la totale assenza dell’Europa. Eppure ne avrebbe di interessi geostrategici e commerciali da tutelare: valga per tutti la nomina dell’ex cancelliere tedesco Schroder alla presidenza di Rosneft, dopo aver diretto Nord Stream. Invece, siamo ancora abbarbicati al nostro alleato americano, che vorrebbe una partecipazione matura ed efficace nelle politiche di gestione del quadrante mediorientale, invece la Ue discute di muri da ricostruire, canali di accoglienza, lunghezza e piega delle zucchine (non è una battuta)…
Per concludere, possiamo osservare come esiste, a pochi passi dai nostri confini, un’attività intensa per cercare di uscire da uno scontro tra blocchi utilizzando le armi dell’economia, delle risorse naturali e dei rapporti commerciali. L’Europa continua a nascondersi, rischiando di diventare una figura di mero contorno nell’agone internazionale. Non tutto è perduto, sarebbe sufficiente una presa di coscienza del ruolo che ci spetta nel mondo.