Biometano fa rima con economia circolare: da un lato lo sviluppo di iniziative ad hoc per una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti, che da scarti diventano 'carburante', e dall'altro si ottiene la stessa cosa nella chiusura del ciclo delle acque, con l'uso dei fanghi dei reflui della depurazione. Questo il senso del convegno, a Roma, nella sede del Gse (Gestore dei servizi energetici) sul nuovo decreto per il biometano che punta alla sua "promozione" e all'uso di "altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti", con l'obiettivo di sostenere "la creazione di una filiera nazionale per la produzione".
A livello europeo l'Italia è oggi il secondo produttore di biogas dopo la Germania; per il biometano però i Paesi con il maggior numero di impianti di produzione sono Germania e Svezia, rispettivamente con circa 180 e 60 impianti, seguiti dal Regno Unito (37) e Svizzera (24). In Italia, per esempio, con l'utilizzo integrale della Forsu (Frazione organica del rifiuto solido urbano) da differenziata sarebbe possibile produrre circa 400 milioni Sm3 (Standard metro cubo) all'anno corrispondenti a quasi il 40% di gas naturale attualmente utilizzato nei trasporti. E ipotizzando alcuni scenari risulta che oltre il 50% delle province italiane possiede la materia prima necessaria ad alimentare almeno un impianto di produzione di biometano.
Il biometano è un combustibile ottenuto dal biogas che, dopo alcuni trattamenti chimico-fisici, può esser immesso nella rete del gas naturale. I vantaggi ambientali - viene osservato - sono nella riduzione delle emissioni di gas serra, oltre che nello sviluppo di zone agricole che possono contribuire 'offrendo' materie prime (scarti, rifiuti animali e organici).
In Italia ci sono già esperienze virtuose legate allo sviluppo della filiera, con esempi a livello locale dove il biometano viene prodotto dalla gestione dell'umido raccolto sul territorio in modo differenziato, poi utilizzato dalla società di trasporti locale per alimentare i mezzi di trasporto pubblico urbano e di raccolta dei rifiuti. Ma anche applicazioni in fase di sviluppo, come la prima iniziativa del settore agricolo: il biometano, prodotto dai liquami provenienti dall'allevamento zootecnico aziendale, potrà esser utilizzato per alimentare le macchine agricole e i mezzi di movimentazione dei prodotti.
Sono previsti degli incentivi dal Gse ai produttori di biometano: per quello immesso al consumo nei trasporti o attraverso i distributori è previsto il rilascio dei Certificati di immissione in consumo (Cic), calcolati secondo le procedure del Gse; per i produttori di biometano avanzato il riconoscimento è di 375 euro per ogni Cic (un incentivo che ha una durata massima di 10 anni), a cui si aggiungono maggiorazioni legate agli impianti; c'è anche la possibilità del 'ritiro' da parte del Gse, anche per una parte della quantità, del biometano avanzato. Inoltre il Gse aggiorna e pubblica le procedure operative, un contatore per il monitoraggio del raggiungimento del limite massimo posto dal decreto di 1,1 miliardi di Smc/anno, le graduatorie con l'elenco degli impianti ammessi all'incentivazione e un bollettino informativo sugli impianti. A poter usufruire degli incentivi sono i nuovi impianti di produzione di biometano che entreranno in esercizio dopo l'entrata in vigore del decreto ed entro il 31 dicembre 2022, e quelli esistenti riconvertiti parzialmente o totalmente entro la stessa data, anche con incrementi di potenza. Possono accedere agli incentivi anche gli impianti di produzione di biocarburanti avanzati diversi dal biometano che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2022. Per gli impianti di produzione di biogas riconvertiti a biometano, e già incentivati sulla produzione elettrica, il periodo di diritto è uguale a quello per gli impianti nuovi con alcune distinzioni sulle quote.