Leggero, riutilizzabile, con un'eco-mascherina personalizzata dall’azienda e possibilmente antivirale. Sono alcune caratteristiche dell’abito da lavoro del futuro post-Covid-19 delineate da Klopman, azienda leader in Europa nella produzione di tessuti per abiti da lavoro con oltre 40 milioni di metri prodotti (1 divisa da lavoro su 3 in Europa è realizzata con tessuti Klopman).
L’azienda basata a Frosinone ha ipotizzato infatti 4 tendenze che le imprese seguiranno per vestire i propri collaboratori, indicazioni maturate sulla base di oltre 50 anni di attività ma soprattutto sul mercato globale delineatosi durante l’emergenza COVID-19, in una vasta gamma di settori che vanno dall’automotive, al settore petrolifero ed energetico e soprattutto all’ospedaliero e alla produzione di alimenti.
L’abito da lavoro del futuro ‘dice’ innanzitutto ‘no’ all’usa e getta. L’utilizzo massiccio di dispositivi medici usa e getta prodotti con materiali derivati dal petrolio nel corso dell’emergenza COVID-19, ha posto in primo piano non solo il tema dell’approvvigionamento ma anche quello della sostenibilità ambientale vista la necessità, solo per le mascherine, di quasi un miliardo di unità al mese, secondo le stime del Politecnico di Torino.
La sempre maggiore attenzione delle aziende alle ricadute sull’ambiente della propria attività porterà a privilegiare abiti riutilizzabili e sterilizzabili più volte. Le divise del futuro saranno poi sottoposte a trattamenti antibatterici (oggi utilizzati soprattutto nei settori ospedaliero e alimentare) perfezionati con caratteristiche antivirali antivirali in grado di abbattere drasticamente non solo i rischi di proliferazione batterica ma anche la carica virale, fino al 99%.
Parte integrante della tenuta da lavoro sarà poi la mascherina personalizzata, sterilizzabile e riutilizzabile più volte per motivi di sostenibilità, personalizzata con il logo o con messaggi. Il tema del riutilizzo è cruciale visto che l’uso massiccio di mascherine usa e getta rischia di creare danni ambientali enormi. Secondo il WWF, l’errato smaltimento o la dispersione in natura anche solo dell’1% delle mascherine usa e getta si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. Considerando che il peso di ogni mascherina è di circa 4 grammi questo comporterebbe la dispersione di oltre 40 tonnellate di plastica in natura. L’utilizzo di mascherine in tessuto tecnico riutilizzabili fino a 50 volte è una soluzione ottimale per limitare gli effetti collaterali dovuti ad un uso massiccio di mascherine usa e getta prodotte con TNT, polimero derivato dal petrolio.
Infine le divise avranno come caratteristiche confort e leggerezza. Fibre naturali e riciclate, tessuti stretch, vestibilità e traspirabilità saranno caratteristiche imprescindibili per gli abiti da lavoro del futuro.