Tempi più lunghi per la cessione dell'Ilva ai privati. Il Piano ambientale diventa centrale nella valutazione delle offerte, avendo la precedenza rispetto alle offerte economiche associate alle proposte giudicate ammissibili dal punto di vista 'verde'. Con un colpo a sorpresa il Cdm ha infatti dato il via libera al decimo decreto legge sull'Ilva che interviene sul procedimento di vendita, assicurando totale "centralità alla valutazione del Piano ambientale" rispetto al fattore economico e industriale delle offerte. Il dl, in particolare, sposta al 30 giugno 2016 il termine per il deposito delle offerte da parte degli interessati (il termine precedente era il 23 giugno mentre il 30 giugno era la data ultima per la cessione), e prevede che "le eventuali proposte di modifica del Piano Ambientale avanzate dagli offerenti saranno vagliate preliminarmente a ogni altra componente dell'offerta da un comitato di esperti nominato dal ministro dell'Ambiente, che si esprimerà nel termine di 120 giorni dall'insediamento. Il parere verrà quindi comunicato agli offerenti, che provvederanno, se del caso, ad adeguare le loro offerte". La ratio del provvedimento, spiega il Governo, risiede nell'esigenza di evitare l'aggiudicazione ad un offerente senza prima aver vagliato la qualità dei diversi piani ambientali, visto che, "solo successivamente, verranno valutate", "con l'ausilio di un perito indipendente", le "offerte economiche associate ai piani ambientali considerati ammissibili". Il 'caso Ilva' - e il suo 'sciagurato commissariamento' - è stato anche uno dei temi centrali dell'assemblea annuale di Federacciai, la federazione delle imprese siderurgiche aderente a Confindustria, che punta a ispirare un "movimento spontaneo di imprenditori, lavoratori, quadri, management e cittadini comuni che si batta per difendere le aziende dalle intemperanze e dagli errori di vari poteri dello Stato". Lo fa con il suo presidente, confermato per il terzo mandato, Antonio Gozzi, da sempre molto critico nei confronti di quello che definisce "esproprio" dell'azienda ai Riva. "E' stato un tragico errore mandarli via e sostituirli con commissari, irresponsabili per legge del risultato economico, che naturalmente è stato disastroso", dice all'assemblea della federazione a Milano. Toni più cauti da parte del presidente di Confindustria, che comunque ha applaudito la fine dell'intervento di Gozzi, assicurandogli che la Confederazione "sarà sempre al tuo fianco". La vicenda Ilva è "una ferita aperta: i troppi cambiamenti di strategia da parte dei diversi Governi che si sono succeduti hanno contribuito a rendere incerto il futuro dell'azienda", afferma Vincenzo Boccia, augurandosi che "il caso si concluda positivamente e in tempi ragionevoli, per mantenere attivo un asset produttivo fondamentale. Allo stesso tempo diciamo però con forza: in Italia non vogliamo mai più assistere a un altro 'caso Ilva'". L'"incubo" che spera si risolva con una delle due cordate che "riesca a prenderla" permette al presidente di Confindustria di sollecitare "un'incisiva riforma del Titolo V della Costituzione, che normalizzi i rapporti tra Stato e Regioni e riporti alla legislazione nazionale in raccordo con quella europea il compito di definire regole omogenee sul territorio nazionale. Questo non sia terreno per strumentalizzazioni politiche dal respiro corto", conclude Boccia. Intanto sul terreno le cordate interessate all'Ilva giocano le proprie carte o, meglio, cercano di averne di più forti in mano. Lo fa Emma Marcegaglia ricordando che "siamo con Arcelor Mittal, ma ho detto chiaramente che vorremmo Cdp con noi". Lo fa rispondendo a chi le domanda se la sua azienda avrebbe fatto un'offerta per Ilva anche da sola. Marcegaglia ha anche ricordato che per Ilva "sono stato prorogati i termini", confermando che "i lavori sono in corso".