ROMA - Oltre 2 mila chilometri di costa sono stati cementificati in Italia negli ultimi 50 anni e il mattone non è che uno dei tanti fattori di pressione sui nostri mari insieme al sovrasfruttamento della pesca o alle attività di estrazione degli idrocarburi. A individuarli è il dossier "L'ultima spiaggia" del Wwf, pubblicato oggi, che invita a invertire la rotta partendo da quattro aree pilota: Mar ligure e arcipelago toscano, Canale di Sicilia, mare Adriatico settentrionale, Canale di Otranto.
Si tratta, spiega il Wwf, di quattro grandi aree strategiche per la biodiversità dei nostri mari: sono i 1860 chilometri di tratti lineari di costa più lunghi di 5 chilometri del nostro Paese ancora liberi e con un buon grado di naturalità. Da qui, per il Wwf, occorre partire per contenere i fattori di pressione sui nostri mari.
Tra questi non solo il cemento, ma anche gli impianti di acquacoltura (aumentati in 10 anni del 70%), lo sviluppo turistico (il 45% dei turisti italiani e il 24% degli stranieri si riversa sulle località costiere), il trasporto via mare (Italia terza in Europa per traffico di merci), l'estrazione di idrocarburi (122 le piattaforme offshore attive e 36 le istanze per nuovi impianti). Il Wwf lancia un appello per una moratoria della nuova edificazione nella fascia costiera fino all'approvazione dei piani paesaggistici in tutte le Regioni e il blocco dei rinnovi automatici di tutte le concessioni balneari fino a quando l'Italia non si doterà di una normativa che preveda l'obbligo di gara.