Pechino affila le armi contro lo smog, che ormai costringe i cittadini a uscire di casa con la mascherina. Dopo una serie di misure per ridurre l'inquinamento, tra cui la creazione della polizia ambientale che colpirà anche i barbecue, la capitale cinese ha annunciato l'introduzione di nuovi limiti alle polveri sottili, più stringenti rispetto a quelli dell'anno scorso ma ancora abbondantemente sopra quanto considerato accettabile dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il sindaco facente funzioni di Pechino, Cai Qi, ha dichiarato che nel 2017 la concentrazione di Pm2.5 - il particolato più dannoso perché in grado di depositarsi nei polmoni - dovrà restare entro i 60 microgrammi per metro cubico. La cifra segna una riduzione rispetto ai 73 microgrammi del 2016, ma è più del doppio dei 25 microgrammi che sono il massimo accettabile per l'Oms. I nuovi limiti sono solo l'ultima mossa della metropoli, che nel 2017 intende investire l'equivalente di 2,5 miliardi di euro nella lotta all'inquinamento dell'aria. Dall'inizio dell'anno l'amministrazione ha chiuso 4mila cantieri e limitato l'attività di 2.500 fabbriche. Si è inoltre impegnata a tagliare del 30% il consumo di carbone, alimentando 700 villaggi con energie rinnovabili, e a togliere dalla strada 300mila auto vecchie. La città ha poi puntato sugli agenti anti-smog, incaricati di colpire anche barbecue all'aria aperta e roghi di immondizia. La capitale sembrerebbe quindi intenzionata a dare il buon esempio nella lotta a una piaga che va ben oltre Pechino. Il mese scorso sono state una sessantina le città nel nord della Cina a emanare l'allerta smog, che ha portato a chiudere scuole, fabbriche e a bloccare strade e aeroporti. Un'emergenza, l'inquinamento in Cina, che si ripete tutti gli inverni, alimentata da centrali a carbone e industrie, impianti di riscaldamento obsoleti e traffico perennemente intasato.