La Cassazione ha confermato l'inquinamento ambientale causato negli anni dalla Tamoil con sversamenti di idrocarburi nella rete fognaria di Cremona. La suprema corte ha infatti rigettato il ricorso presentato dal manager Enrico Gilberti, confermando così la condanna a tre anni di reclusione (pena sospesa) per disastro ambientale colposo aggravato, inflittagli dalla Corte d'appello di Brescia. La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Brescia che aveva chiesto di condannare Gilberti e altri tre manager di Tamoil per i più gravi reati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale doloso. Confermati i risarcimenti danni alle parti civili: il Comune di Cremona (provvisionale di 1 milione di euro), il Dopolavoro Ferroviario, alcuni soci delle società canottieri Bissolati e Flora e Legambiente.
"E' una soddisfazione il fatto che l'inquinamento prodotto da Tamoil, al di là delle singole responsabilità personali, sia stato nuovamente riconosciuto e confermato come effettivo disastro ambientale con i risarcimenti anche in favore della collettività. E' un reato che ha avuto una definizione più precisa con la legge del maggio 2015 sui reati ambientali, una legge attesa da molti anni e che forse questo processo ha contribuito a far approvare' ha dichiarato Guido Salvini, il giudice del primo grado che aveva riconosciuto il grave inquinamento causato dall'ex raffineria della società libica.
"Un risultato molto importante": così il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani e il presidente regionale della Lombardia Barbara Meggetto commentano la sentenza della Suprema Corte di Cassazione. "Per anni l'impianto cremonese ha contaminato con idrocarburi i terreni e la falda acquifera all'interno e all'esterno dell'azienda, fino ad arrivare - dicono i dirigenti di Legambiente - ad inquinare le aree delle società canottieri limitrofe allo stabilimento, frequentate abitualmente da centinaia di persone, che si affacciano sul fiume Po. Quella che era una verità storica da oggi diventa dunque anche una verità giudiziaria. Un grazie va a chi ha cercato fino in fondo questa verità mettendo in luce i danni all'ambiente e alla comunità cremonese".
"Il risultato infatti è frutto della caparbia iniziativa e dell'impegno civico di un insieme di soggetti che in questi anni si sono dedicati con tenacia al processo: il circolo Legambiente Cremona, gli avvocati e i consulenti di tutte le parti civili, Legambiente Lombardia che con l'avvocato Sergio Cannavò - presidente del Centro di Azione Giuridica regionale dell'associazione che ha seguito la costituzione di parte civile nei processi, i Radicali di Cremona e Gino Ruggeri che hanno promosso l'azione popolare in primo grado, le altre associazioni, i soci delle società canottieri e i cittadini che hanno continuato a sostenerne l'azione".