Alcuni attivisti di Greenpeace stanno occupando due piattaforme di Shell, nel campo petrolifero di Brent nel Mare del Nord, per protestare contro i piani della compagnia di smantellare alcune vecchie piattaforme petrolifere rimuovendo solo la porzione aerea e lasciando sul posto le basi delle stesse, contenenti acque e sedimenti contaminati da 11 mila tonnellate di petrolio. Lo rende noto la ong in un comunicato spiegando che "i climbers, partiti dalla nave Rainbow Warrior di Greenpeace, hanno scalato le piattaforme Alpha e Bravo, appendendo striscioni con le scritte 'Shell, ripulisci il tuo pasticcio' e 'Basta inquinare gli oceani'".
I piani di Shell "sono vergognosi e devono essere fermati - afferma il direttore campagne di Greenpeace Italia, Alessandro GIannì - Con l'avanzare dell'emergenza climatica, la perdita di biodiversità e l'estinzione delle specie, abbiamo più che mai bisogno di oceani sani per far fronte ai cambiamenti climatici: queste migliaia di tonnellate di petrolio prima o poi inquineranno irrimediabilmente i nostri mari".
L'Italia non è messa meglio, aggiunge Greenpeace. "Bisogna attuare il piano di dismissione delle 34 piattaforme per l'estrazione degli idrocarburi individuate nel Programma italiano di attività per le dismissioni piattaforme offshore, redatto a fine 2018 dopo due anni di confronto tecnico tra Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente, Mibact, Assomineraria (l'associazione di categoria dei petrolieri) e associazioni ambientaliste".
Se il governo inglese permettesse a Shell di infrangere le regole, conclude Greenpeace, "sarebbe un precedente pericoloso per lo smantellamento, nei prossimi anni, di altre centinaia di vecchie piattaforme presenti in quest'area. Shell ha ricavato miliardi dalle trivellazioni di petrolio in questa regione, e non dovrebbe essere autorizzata a risparmiare sullo smantellamento a spese del nostro ambiente marino".