(ANSA-AP) - Più azioni di tutela per i coralli e un freno al consumo di combustibili fossili: è l'appello che gli scienziati riuniti nei giorni scorsi alle Hawaii per il simposio internazionale dedicato ai coralli hanno lanciato al primo ministro australiano Malcolm Turnbull, chiedendogli di rendere prioritaria la salvaguardia della Grande barriera corallina.
"Non siamo ancora pronti per scrivere il necrologio delle barriere coralline", ha spiegato Terry Hughes, direttore dell'ARC Centre della James Cook University che monitora lo stato di salute della Grande barriera australiana.
In cima ai problemi affrontati dal summit il maxi fenomeno globale di sbiancamento dei coralli, che nel suo terzo anno di fila ha ormai assunto proporzioni da record e sta 'uccidendo' buona parte della Grande barriera corallina, patrimonio Unesco.
"Il danno a questa icona australiana è stato già devastante - scrivono gli scienziati - e, oltre ai danni provocati dalle emissioni di gas serra, il dragaggio nei porti e il trasporto di combustibili fossili lungo la barriera vengono meno alle responsabilità australiane di gestione della Grande barriera ai sensi della Convenzione del Patrimonio mondiale".
Lo sbiancamento si verifica quando per effetto delle elevate temperature dell'acqua i coralli espellono la loro alga vitale (che dà loro colore) andando incontro alla morte se non riescono a recuperare. Ne sono già abbondantemente colpiti i reef dell'Oceano Indiano intorno alle Maldive e nel Western Australia, ma anche quelli nel resto del Pacifico, del Mar Rosso e dei Caraibi. Quanto alla Grande Barriera australiana il fenomeno riguarda almeno il 93% del tratto settentrionale e un quarto dei 'reef' è già morto.