E' stata svelata la top ten dei Parchi più Belli d'Italia del 2017, finalisti della XV edizione del Premio promosso dal network www.ilparcopiubello.it che con i suoi oltre 1000 parchi e giardini affiliati offre tutte le indicazioni sui più piacevoli itinerari, luoghi da visitare ed eventi da vivere questa primavera e la prossima estate. Il Comitato Scientifico ha infatti indicato i dieci parchi e giardini italiani più belli, per un inedito e spettacolare viaggio turistico e culturale, in attesa della proclamazione del vincitore nella categoria parco pubblico e parco privato.
Oasi Zegna a Biella (Piemonte) Situata in area montana nel Biellese nord-orientale, l’Oasi Zegna nasce dalla visione dell’industriale Ermenegildo Zegna che, a partire dagli Anni Trenta, realizzò un’imponente opera di valorizzazione sociale e paesaggistica delle montagne di Trivero. Con l’inserimento di imponenti masse di conifere, rododendri e ortensie, egli trasformò la montagna in un armonioso giardino: la “Panoramica Zegna” (26 km), con il punto più alto a Bielmonte (1500 m). Si segnala lungo il percorso la suggestiva Conca dei rododendri, realizzata negli anni ’50 a ridosso del Lanificio Zegna, opera paesaggistica implementata da Pietro Porcinai e, di recente, da Paolo Pejrone.
Villa Pallavicini a Pegli (Liguria) Considerato uno dei parchi romantici più originali del mondo, il parco di villa Durazzo Pallavicini, voluto dal marchese Ignazio Pallavicini, fu ideato e realizzato nel 1840 dallo scenografo Michele Canzio. Ne scaturì non solo un parco in stile romantico, ma un itinerario composto da scenografie legate una all'altra da una traccia narrativa: il Viale Classico, la Coffee House, l’Arco di Trionfo, la Casa dell’Eremita, le Grotte, il Lago Grande con la Pagoda Cinese, il Tempio di Diana, il Ponte Romano, i Giardini di Flora, il Gazebo delle Rose; il tutto in una pittoresca realizzazione paesaggistica meticolosamente composta nei suoi elementi architettonici e vegetali, e ordinata secondo un preciso percorso dai contenuti esoterici. Non mancano esemplari vegetali di grande pregio botanico-paesaggistico: la monumentale canfora affiancata al cedro del Libano posti a margine del lago, la collezione di palme esotiche, l'araucaria e il sughero secolari, la rosa banksiae e il lauroceraso; in particolare spicca tra tutte la collezione di antiche camelie, alcune delle quali ultracentenarie, che ogni primavera costituisce una vera attrazione con la sua particolare fioritura.
Villa Arconati a Castellazzo di Bollate (Lombardia) Il vasto e articolato complesso comprende, oltre ad aree agricole e boschive, una sontuosa “villa di delizia” che si affaccia su di un vasto parterre a prato, suddiviso in due grandi settori delimitati da carpini topiati e contornato da carpinate. Nel corso del Seicento Galeazzo Arconati fece ampliare la villa e realizzare il primo nucleo del giardino “all’italiana”, che culminava nel Teatro di Diana. Tra la fine del XVII secolo e la metà XVIII il giardino fu modificato e ampliato, articolato lungo tre viali che conducono a diverse “stanze” vegetali con fondali architettonici, fontane, statue, giochi d’acqua, connesse a carpinate, parterres e boschetti. La porzione a sud-est, in cui si trovavano il casino di caccia e il serraglio, è occupata da un bosco prevalentemente di querce, attraversato da percorsi rettilinei e caratterizzato dalla presenza di una bella voliera.
Giardini della Reggia di Colorno (Emilia Romagna) Si deve al figlio di Ranuccio II Farnese, Francesco, salito al trono nel 1694, e alla regìa di Ferdinando Galli Bibiena, architetto e scenografo, la trasformazione del palazzo di Colorno in sfarzosa residenza di delizia con la “grotta magica”, varie fontane, un anfiteatro di agrumi; un’impostazione scenografica aveva anche la patte d’oie di viali che si dipartiva dall’orangerie verso il bosco di caccia. Nel giardino bibienesco si moltiplicheranno fontane, giochi d’acqua e automi. Dopo l’estinzione della casata Farnese nel 1731, con l'arrivo di Filippo di Borbone, il giardino fu oggetto di consistenti modifiche volte a enfatizzarne il carattere “alla francese”. Nei primi decenni dell'800 Maria Luigia d’Austria trasforma a sua volta il giardino in bosco all'inglese avvalendosi della collaborazione di Karl Barvitius, membro della società londinese di orticultura. Un recente intervento di restauro (1998-2000) ha inteso riportare all’antico splendore questo “luogo di delizie”.
Villa La Foce a Chianciano Terme (Toscana) Villa La Foce e il suo straordinario giardino sono fortemente legati a Iris Origo che, con il marito marchese Antonio, decise di trasferirsi qui dopo il matrimonio negli anni Venti del secolo scorso; l’architetto paesaggista inglese Cecil Pinsent viene incaricato dei lavori che continueranno fino al 1939, ispirandosi ai giardini formali della tradizione classica italiana. La casa è circondata da un giardino formale diviso in “stanze” da siepi di bosso, con piante di limoni in vasi di terracotta. Scale di travertino portano al roseto e a un pergolato ricoperto di glicine e delimitato da siepi di lavanda. Pendii terrazzati salgono dolcemente su per il colle, dove ciliegi, pini e cipressi crescono tra la ginestra selvatica, il timo e il rosmarino, e un lungo viale di cipressi porta ad una statua di pietra del XVII secolo. Un sentiero attraversa il bosco e collega il giardino con il cimitero di famiglia, considerato una delle migliori creazioni di Pinsent.
Giardino Portoghesi a Calcata (Lazio) Il giardino che Paolo Portoghesi, noto architetto e storico dell’architettura, ha realizzato dal 1990 con la moglie Giovanna Massobrio, si protende sullo sperone tufaceo in vista del vallone del fiume Treja e del borgo di Calcata. All’ingresso è un grande uovo, simbolo della vita e del suo rinnovamento cosmico. Gli elementi costitutivi dell’opera-giardino sono giocati con ironia, alludendo a modelli dell’architettura classica. Ricca e ricercata è la scelta degli alberi, degli arbusti, delle piante da fiore: ulivi centenari, lecci e cipressi, antichi alberi da frutto, il ginkgo biloba, l’aquilegia.
Villa Imperiale a Pesaro (Marche) Villa Imperiale sorge a pochi chilometri da Pesaro, immersa nel paesaggio del Parco Naturale del Colle San Bartolo. Si compone di due costruzioni differenti tra loro, collegate da un corridoio pensile: la vecchia villa quattrocentesca degli Sforza e l’ala cinquecentesca progettata dall’architetto urbinate Girolamo Genga per i duchi Della Rovere. I suoi fasti vennero meno per un lungo periodo, che durò dal 1631 al XIX secolo, quando la villa passò alla famiglia Albani, unita a quella dei Castelbarco. Solo grazie alla cura e ai restauri dei nuovi proprietari si è riusciti con gli anni a restituire all’antico splendore la dimora roveresca. La Villa Imperiale rappresenta ancora oggi lo scenario di una antica villa suburbana in cui natura e architettura trovano il loro perfetto equilibrio. Particolarmente suggestivi la corte d'onore e i giardini terrazzati. All'esterno sono invece l’antico bosco di lecci e la valle fluviale con la quinta delle cime appenniniche lontane a completare il quadro paesaggistico.
Villa Cimbrone a Ravello (Campania) Il grande giardino-parco, in stretta relazione con le spettacolari visuali della costiera amalfitana, è realizzato a partire dal 1904 da Ernest William Beckett, poi Lord Grimthorpe, che acquista una vecchia casa trasformandola in un castelletto romantico. Un preesistente asse centrale collega l’ingresso con il Tempietto di Cerere e divide il giardino in due zone: quella a oriente aperta sul paesaggio; quella a occidente con atmosfere più ombrose. Il modello del giardino formale è proposto nel Giardino delle rose e in quello antistante la tea-room. Il modello paesaggista è invece lungo i bordi del parco, laddove la fitta vegetazione crea visuali parziali sulla costiera che divengono più ampie dalla celebre "Terrazza dell’Infinito".
Compendio Garibaldino dell’isola di Caprera (Sardegna) Situato all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago de La Maddalena, sorge sui terreni acquistati dall’Eroe dei Due Mondi sul finire del 1855. Qui è la casa in cui Garibaldi visse per oltre venticinque anni e qui riposa sotto un imponente masso di granito. Il giardino, l’oliveto, l’agrumeto erano parti di un’azienda agricola organizzata in modo esemplare dal Generale-agricoltore. Alcuni alberi sono da lui stesso piantumati, come il pino domestico messo a dimora nel cortile in occasione della nascita della figlia Clelia, ed il cipresso del Messico all’uscita dalla camera in cui egli morì il 2 giugno 1882. Il tutto convive con la vegetazione spontanea dell’isola, costituita da macchia mediterranea ricca di tamerici, euforbia, lentischio, erica, corbezzolo, olivastro, mirto, lecci e ginepri.
Giardino Comunale di Caltagirone (Catania) Sorto nel 1846, il giardino è ampliato da Michele Fragapane tra il 1849 e il 1850, nel 1851 G.B. Filippo Basile rimodula l’impianto esistente, con riferimento alla cultura del giardino informale. Nella sua configurazione finale risulta composto da tre parti principali: il parterre a disegno geometrico alla quota inferiore; la collina con sentieri ad andamento sinuoso e piazzale superiore con palchetto della musica di gusto moresco; la grande terrazza panoramica alberata (con balaustrata in terracotta a motivi fitomorfi degli inizi del XX secolo).
Il Comitato scientifico - che per la selezione ha tenuto conto dell’interesse botanico e storico-artistico, dello stato di conservazione, degli aspetti connessi con la gestione e la manutenzione, dell’accessibilità e dei servizi, delle relazioni con il pubblico e della promozione turistica - è composto da sei grandi esperti del settore: Vincenzo Cazzato (presidente, Università del Salento, per anni coordinatore del Comitato ministeriale per lo studio e la conservazione dei giardini storici), Alberta Campitelli (già Dirigente dell’Ufficio Ville e Parchi Storici del Comune di Roma), Marcello Fagiolo (già Presidente del Comitato nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici), Ines Romitti (architetto paesaggista AIAPP - IFLA), Luigi Zangheri (già Presidente del Comitato scientifico internazionale per i paesaggi culturali ICOMOS-IFLA, presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze), Margherita Azzi Visentini (Politecnico di Milano).