Lo sfruttamento eccessivo della pesca e il degrado delle barriere coralline che affliggono le isole dei Caraibi e del Pacifico stanno spingendo verso l'estinzione molti pesci, compresi tonni e cernie che sono vitali anche per l'uomo perché fonte di cibo. È quanto emerge da due report regionali pubblicati dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) in occasione della Conferenza mondiale sugli oceani dell'Onu che si chiude oggi a New York.
Il rapporto sulla biodiversità marina delle isole di Pacifico e Oceania ha valutato 2.800 specie marine che vivono nelle acque di 22 isole e territori che spaziano tra Oceania, Papua Nuova Guinea, fino alle Isole Cook. L'11% delle specie esaminate risulta minacciata da estinzione. L'analogo rapporto sui Caraibi ha valutato lo status di 1.360 pesci: il 5% è a rischio scomparsa. In questo caso oltre alla pesca eccessiva e al declino dei "reef" deve aggiungersi tra le minacce pure l'invasione di pesci scorpione, pericolosa e aggressiva specie "aliena" che non trova in queste acque predatori naturali.
Questi dati, spiega Inger Andersen, direttore generale Iucn, sono un "campanello d'allarme". Non solo per l'ambiente, ma anche per l'uomo. Ad esempio dai report emerge che ben quattro specie di cernia, un'importante fonte di alimentazione, sono classificate come "vulnerabili" al rischio estinzione.
Gli abitanti delle isole di Pacifico e Caraibi dipendono fortemente dalle risorse del mare. In Oceania, sottolinea Iucn, i consumi di pesce sono molto alti, circa 50 chili all'anno a persona, rispetto a una media di 8 chili per coloro che vivono in aree continentali tipo l'Australia.