ROMA - Oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari con concessioni senza controlli e canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi. Nella Penisola sono 52.619 le concessioni demaniali marittime ed in continuo aumento, 19,2 milioni di metri quadri di lidi sottratti alla libera fruizione, mentre le poche spiagge libere si trovano spesso vicino a foci di fiumi o su tratti di costa dove la balneazione è vietata. E' il quadro del rapporto di Legambiente "Le spiagge sono di tutti!" per denunciare il fenomeno della privatizzazione delle coste italiane. In Italia nonostante gli ottomila chilometri di costa tra la Penisola, le due isole maggiori e le oltre 800 isole minori, ogni estate trovare una spiaggia libera è davvero un'impresa. E le poche che ci sono, sono ubicate in porzioni di costa di "Serie B", vicino alle foci di fiumi, fossi o fognature e quindi dove la balneazione è vietata. Se si considera un dato medio (sottostimato) di 100 metri lineari per ognuna delle 27mila concessioni esistenti, si può stimare che oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari. In alcuni Comuni si arriva al 90% di spiagge occupate da concessioni balneari. Ad esempio in Emilia-Romagna solo il 23% della costa presenta spiagge libere, ed in Liguria il 14%, ma i dati sono molto differenti tra le Regioni e nessun Ministero si occupa di monitorare quanto sta avvenendo. Tra i casi più incredibili quello di Mondello, poco più di un chilometro e mezzo di sabbia finissima al 90% in concessione, e pochissimi lidi che consentono il passaggio alla battigia. A Santa Margherita Ligure gli spazi liberi sono solo l'11% del totale. E poi in Romagna, a Rimini, dove non si raggiunge nemmeno il 10% di spiagge libere. A Forte dei Marmi sono 100 gli stabilimenti su circa 5 km di costa. A Bacoli, in Campania, il Comune ha previsto che il 20% della costa debba essere adibito a spiaggia pubblica, ma ad oggi, non siamo nemmeno al 2%. E poi c'è il problema dei controlli sulle spiagge date in concessione, dove spesso si impedisce alle persone di accedere al mare, con veri e propri muri lunghi chilometri, come sul litorale di Ostia, a Roma. Per questo Legambiente chiede una legge quadro nazionale per tutelare gli arenili italiani e i diritti di tutti i cittadini ad avere lidi liberi, gratuiti e accessibili. Per l'associazione ambientalista tale provvedimento dovrebbe prevedere quattro punti chiave: almeno il 60% delle spiagge deve essere lasciato alla libera fruizione; occorre premiare la qualità nelle assegnazioni in concessione; definire canoni adeguati e risorse da utilizzare per la riqualificazione ambientale; garantire controlli e legalità lungo la costa.