L'Italia destina ogni anno ai suoi 23 parchi nazionali 81 milioni di euro: 1 euro e 35 centesimi ad abitante, il costo di un cappuccino. E' questo il calcolo fatto dal WWF nel suo "Check-up dei parchi nazionali e delle Aree marine protette", presentato stamani a Roma alla presenza del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa.
I parchi nazionali sono cronicamente a corto di fondi, ma mancano anche di personale specializzato: nell'83% dei casi non hanno geologi e veterinari, nel 20% mancano di naturalisti. Più di metà dei parchi nazionali (15 su 23) non hanno neppure presidente o direttore.
Solo nel 30% dei casi è stato approvato in via definitiva il Piano per il Parco, e meno del 10% degli enti di gestione si sono dotati di un Regolamento. Le spese per le attività di monitoraggio e per i progetti di conservazione risultano entrambe inferiori al 10% del budget per la quasi totalità dei Parchi. In 9 parchi sono inferiori al 5%.
Le 29 Aree marine protette sono una vera Cenerentola: coprono solo 700 km di costa, lo 0,8% del totale, e ricevono solo 7 milioni di euro all'anno di fondi. Il risultato è che la situazione delle specie e degli habitat in più del 50% delle Aree marine protette è uguale o peggiore rispetto all'esterno.
Il WWF chiede a governo e parlamento una revisione della legge sulle aree protette (la 394 del '91), per semplificare procedure farraginose e migliorare la governance in particolare delle riserve marine. Poi un aumento di 40 milioni dei fondi, la nomina di manager competenti e non politicizzati per gli enti, l'istituzione dei parchi nazionali "sospesi" (Stelvio, Delta del Po, Gennargentu, Matese, Portofino).