Nella gestione dei rifiuti di imballaggio, tutela dell'ambiente e della concorrenza sono obiettivi che si intersecano, ma che non convergono necessariamente. Vi sono casi, infatti, "in cui i meccanismi concorrenziali non riescono a garantire un adeguato livello di tutela ambientale, giustificando l'adozione di misure limitative della concorrenza". È il risultato principale emerso da una ricerca, promossa da Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) e realizzata dall'Università Luiss-Guido Carli, intitolata "La gestione dei rifiuti di imballaggio in Italia: profili e criticità concorrenziali". Il modello italiano è un modello in Europa: "basato sulla centralità del sistema consortile in funzione sussidiaria rispetto agli altri operatori" appare "giustificabile per garantire la prestazione universale del servizio, che assicura la gestione dei rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale e per tutti i tipi di rifiuti di imballaggio". La ricerca evidenzia che per poter utilizzare al meglio la "leva concorrenziale" per soddisfare gli obiettivi ambientali "possa essere attuato un miglior collegamento tra il livello contributivo ambientale e i costi dell'impatto ambientale delle fasi di fine vita e nuova vita degli imballaggi". Per il presidente di Conai, Roberto De Santis, occorre evitare "interventi legislativi parziali che potrebbero mettere a repentaglio gli importanti risultati di riciclo conseguiti. Occorre che tutti i soggetti coinvolti si facciano carico degli oneri ambientali connessi alla loro attività e siano chiamati ad obblighi di compliance e di trasparenza". "L'introduzione di ulteriori misure di concorrenza deve tenere conto dell'interesse pubblico delle Amministrazioni a non lasciare frazioni di rifiuti non raccolte per strada" ha commentato Michele Grillo, Professore Ordinario di Economia Politica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e già componente del Collegio dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato.
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