C'è chi è irremovibile come le Regioni, che respingono anche solo l'idea che sul proprio territorio possa essere costruito il deposito nazionale dove stoccare rifiuti radioattivi di bassa e media intensità, e c'è chi come Forza Italia chiede di allungare da due ad almeno sei mesi il tempo concesso ai territori "papabili" per la costruzione del deposito per tutte osservazioni e i chiarimenti necessari. La legge del 2010, però, è chiara e concede 60 giorni, ma "un emendamento che potesse allungare i tempi di confronto" sarebbe "visto di buon occhio" dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa (M5S). Anzi, dice Costa in sede di replica in una audizione parlamentare, "appoggerei l'emendamento". Del resto, con il via libera dato assieme al collega dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) - 67 siti in sette regioni - ad ospitare il deposito, Costa ha chiarito di non aver fatto "null'altro che applicare e desecretare qualcosa previsto da una legge del 2010, è un fatto meramente tecnico". Per chiarire ogni dubbio, il ministro sarà presto in una audizione ad hoc.
La Lega rivendica "vittoria", perchè - dice la deputata Vannia Gava, capo dipartimento Ambiente del Carroccio e sottosegretario all'Ambiente nel Conte 1 - "Costa ha accettato la nostra proposta di dare più tempo a tutte le istituzioni" per partecipare attivamente alla consultazione sul deposito. La reazione dell'attuale sottosegretario all'Ambiente Roberto Morassut non si fa attendere: "La Lega chiede trasparenza? Meglio tardi che mai. È surreale" che la Gava, che nel precedente governo "ha tenuto nel cassetto a prendere polvere la Cnapi, oggi attacchi il ministero dell'Ambiente per l'avvio di un percorso trasparente e partecipato, che porterà all'individuazione del sito unico di stoccaggio dei rifiuti nucleari oggi sparsi su tutto il territorio nazionale". "Assumerò l'impegno a presentare un emendamento al decreto Milleproroghe per posticipare l'esame di almeno 6 mesi" ha annunciato Erika Mazzetti, deputata di Forza Italia e nella commissione Ambiente della Camera, per "un confronto ampio possibile". Il partito di Silvio Berlusconi con il vice presidente Antonio Tajani dice di voler "tutelare l'ambiente, ma serve una politica industriale ed energetica", mentre la presidente dei senatori Anna Maria Bernini chiede che "il governo informi correttamente gli italiani".
Tuttavia, la polemica si è ormai riaccesa su un argomento tanto sensibile, e anche se la procedura prima della scelta finale andrà avanti per almeno tre anni e mezzo (fra consultazioni, osservazioni, un Seminario nazionale, scrematura dei siti e riscrittura della Carta ed eventuali autocandidature), le sette regioni hanno alzato le barricate. Anche nella vicina Francia, dove si convive con le centrali nucleari, cominciò così, ma poi si arrivò all'autocandidatura. Le comunità della pregiata regione Champagne-Ardenne ci hanno guadagnato e si sono autocandidate per un ulteriore deposito. La Sardegna ha ribadito di aver "già detto 'no' al deposito nucleare con un referendum nel 2011" e tante altre volte ancora. La Regione Siciliana ha approvato una delibera reputando "assolutamente non idonei" i quattro siti individuati sull'isola, e ha costituito un gruppo di lavoro per le controdeduzioni. Il Consiglio regionale della Puglia ha approvato una mozione che "impegna la Giunta", anche con le regioni confinanti, a partire dalla Basilicata con cui si è alleata (anch'essa inclusa nella Cnapi con sette aree), a "far desistere il Governo nazionale da ogni possibilità di costruire il deposito sul proprio territorio".