(ANSA) - ROMA - Tra lanci di oggetti, violenza verbale e aggressioni fisiche le scuole sembrano essere diventate arene di combattimento. Skuola.net ha analizzato la situazione attraverso i dati contenuti nei Rav (Rapporti di autovalutazione) di 18 scuole secondarie di secondo grado di 18 diverse regioni italiane. Osservando, infatti, i Rav che i singoli istituti devono compilare (contenuti nel portale 'Scuola in chiaro') si può capire quanto è diffusa e come è distribuita la violenza nelle varie regioni. Ma, soprattutto, come rispondono presidi e corpo docente. E dunque, in più della metà delle scuole italiane - poco più del 58% - si è verificato almeno un episodio di violenza sanzionato dalla scuola. Di conseguenza solo nel 42% circa degli istituti non ci sono testimonianze di atti 'fuori dalle righe'.
Anche se non è dato sapere se questi avvengano tra studenti o vedano protagonisti anche i professori. Passando alle singole regioni, il primato della litigiosità lo detiene l'Emilia-Romagna (con il 66% delle scuole che riporta casi di violenza), seguita da Abruzzo (65,5%) e Toscana (65,1%). Tra le più virtuose, invece, spiccano la Basilicata (comportamenti violenti riscontrati nel 34,3% degli istituti) e il Molise (35%), regioni più piccole e quindi con minori probabilità di problemi; infine la Calabria (48,1% di casi di violenza).
Dai Rav emergono, però, anche i dati relativi alle punizioni che vengono somministrate come risposta agli atti di violenza.
Premesso che la compilazione di questi rapporti avviene a discrezione di ogni scuola e che la percezione della violenza (e della conseguente sanzione) sono da calare nel contesto sociale di riferimento, si scopre che nella quasi totalità delle regioni si prendono sempre provvedimenti: su scala nazionale, solo lo 0,30% degli istituti italiani fa finta di niente. La passività maggiore si registra in Veneto, ma è una percentuale comunque minima (1,1%). Come quella delle altre regioni in cui le scuole reagiscono di meno: Puglia (1%), Campania (0,8%) e Lombardia (0,3%).
Punizioni che possono essere di vario genere. Su scala nazionale, nel 31,3% dei casi (la maggioranza) sono di tipo interlocutorio, semplici richiami verbali o provvedimenti blandi mirati più a far comprendere lo sbaglio che a condannare. Nel 18,20% dei casi, invece, si passa a vere e proprie sanzioni; che possono andare dalla nota sul registro fino alla denuncia.
Minori i casi in cui s'intraprende la strada dei provvedimenti di tipo costruttivo (8,4%), come ad esempio destinare i colpevoli degli episodi di violenza a lavori socialmente utili, finalizzati alla rieducazione dei ragazzi. A livello regionale, sono Abruzzo (27,3%), Campania (22,6%), Toscana (22,4%) le aree in cui prevale la 'mano pesante' e vengono presi maggiormente provvedimenti di tipo sanzionatorio. All'altro capo della classifica, in questo senso, troviamo invece Basilicata (11,4%), Lombardia (12,7%) e Veneto (14,3%), regioni in cui si interviene meno a livello pratico.
Infine, le punizioni che prevedono azioni costruttive (ad esempio lavori socialmente utili) a volte vanno di pari passo con quelle sanzionatorie: è il caso del Molise, dove 15% è la percentuale di chi subisce azioni sanzionatorie e anche di chi subisce provvedimenti costruttivi. Le altre due regioni dove si fa largo uso di questo tipo di misure sono l'Emilia Romagna (13,5%) e il Piemonte (13%).
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