Samira Zargari, la head coach della squadra iraniana femminile di sci alpino, non ha potuto accompagnare le sue atlete ai Mondiali di Cortina perché il marito le ha proibito di lasciare il Paese, ciò che gli è consentito dalla legge vigente nella Repubblica islamica. La squadra, scrive il quotidiano Shargh, ha lasciato l'Iran alla volta dell'Italia, ma alla Zargari non è stato consentito di partire. "Fino all'ultimo - ha fatto sapere la Federsci iraniana - abbiamo cercato di trovare una soluzione, ma non è stato possibile". Il compito di accompagnare la squadra è stato quindi affidato a Marjan Kalhor, un'altra tecnica della Federazione.
Ancora una volta, dunque, in Iran le vicende sportive si intrecciano con quelle politiche, e in particolare con la condizione delle donne e le loro faticose lotte per l'emancipazione.
In base alla legge della Repubblica islamica, per ottenere il passaporto una donna ha bisogno del permesso del marito, ma quando anche sia in possesso del documento di espatrio lo stesso marito può impedirle di lasciare il Paese di volta in volta. E in passato ciò è già successo ad altre protagoniste della scena sportiva iraniana. Il caso più clamoroso fu, nel 2015, quello di Niloufar Ardalan, capitana della nazionale di calcetto, alla quale il marito, un giornalista sportivo, aveva vietato di partire per partecipare ai Mondiali in Guatemala dopo una lite. La vicenda provocò una tale ondata di proteste che le autorità dovettero intervenire e un giudice concesse alla calciatrice il permesso di lasciare il Paese, annullando il veto del coniuge. Non prima, tuttavia, che la stessa atleta prendesse apertamente posizione contro la legge vigente in un post su Instagram. Le proteste contro le normative che limitano i diritti delle donne in Iran prendono spesso spunto da vicende sportive. Come nel caso della tragica vicenda di Sahar Khodayari, la trentenne che nel 2019 si suicidò con il fuoco per protestare contro il divieto alle donne di entrare allo stadio. La vicenda di quella che i social media ribattezzarono 'la ragazza in blu' - dal colore dell'Esteghlal, la sua squadra del cuore, a quel tempo allenata da Andrea Stramaccioni - provocò un'ondata di emozione senza precedenti nel Paese. E anche in quell'occasione le autorità furono costrette ad un compromesso, lasciando entrare per una partita della nazionale con la Cambogia 3.500 donne in settori separati delle gradinate dello stadio Azadi di Teheran, che ha una capienza di quasi 80.000. Si tratta ora di vedere se, davanti alle prevedibili proteste che la vicenda di Samira Zargari provocherà, anche in quest'occasione a Teheran si cercherà di trovare una soluzione, consentendole in extremis di raggiungere le sue atlete a Cortina.