Quello di Shanghai, assieme all'omologo Salone di Bejing - con cui si alterna ogni anno - è un evento espositivo davvero particolare, dato che la migliore produzione mondiale (evidentemente importata in Cina) viene mostrata fianco a fianco di una enorme quantità di modelli locali, un tempo grossolane 'scopiazzature' delle auto e dei suv occidentali e giapponesi e ora - invece - di livello quasi comparabile con la migliore produzione nordamericana ed europea. Una crescita che è facilmente comprensibile se si tiene conto di tre importanti elementi che hanno caratterizzato l'osmosi tra l'auto cinese e quella del resto del mondo.
In primo luogo la collaborazione, di lunga data, delle più grandi aziende locali con i big delle quattro ruote. JV che sono state avviate molti anni fa e che oggi - con piattaforme di ingegneria comuni e schemi produttivi condivisi - permettono ai grandi player locali di immaginare e realizzare modelli dedicati al mercato interno ma differenziati solo per quanto riguarda le caratteristiche omologative. Secondo elemento a monte della formidabile 'crescita' qualitativa dell'industria cinese dell'auto è l'acquisizione da parte di alcuni gruppi (come è avvenuto per Geely con Volvo) di celebri brand occidentali, un percorso che ha agevolato l'arrivo in quel vasto Paese - che conta migliaia di produttori di componentistica - non solo delle tecnologie di base ma anche delle caratteristiche (contenuti tecnologici e qualità) che devono essere presenti nelle parti e negli accessori.
Terzo pilastro su cui si fonda il miglioramento del Made in China è la collaborazione delle aziende del secondo e terzo livello, quelle cioè che lavorano in pratica solo per il mercato interno, con centri di design e di ingegneria occidentali, comprese le molte 'carrozzerie' del torinese. Una rapida carrellata sulle novità presentate dalle Case locali a Shanghai permette di valutare come si sia ormai passati dalla fase dei modelli fake a quella del modelli con 'blasone' occidentale. Un melting pot che - potendo contare anche sull'arrivo in senso inverso, dalla Cina verso Europa, dell'high tech elettrico ed elettronico, indispensabile per la svolta futura verso la nuova mobilità - non può che dare risultati positivi, alla faccia di chi pensa di bloccare il progresso con l'arma dei dazi.