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La vitamina D non riduce il rischio di sviluppare la malattia

Nei soggetti predisposti. Lo dimostra ampio studio Usa

Redazione ANSA

Dare supplementi giornalieri di vitamina D non riduce in modo significativo il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 in soggetti predisposti e che presentano un livello sufficiente di tale vitamina. Dopo vari studi giunti a conclusioni opposte, una nuova ricerca in 'controtendenza' è stata presentata al congresso dell'Associazione americana di diabetologia (Ada) e pubblicata in contemporanea sul New England Journal of Medicine.

Lo studio D2d è il più grande mai fatto su questo tema, effettuato in 22 città Usa su un campione di 2.423 adulti ad alto rischio diabete, seguiti per un periodo di 2 anni e mezzo. Ad un gruppo è stato somministrato placebo, al secondo una dose di vitamina D giornaliera. Al termine dello studio, si è evidenziata una riduzione dell'insorgenza di diabete tra i soggetti cui era stato somministrato il supplemento giornaliero pari solo al 12%, una percentuale considerata "statisticamente non significativa" dai ricercatori.

"Anche se molti studi precedenti hanno osservato che soggetti con bassi livelli di vitamina D hanno un maggior rischio di sviluppare il diabete 2 - afferma Anastassios Pittas, direttore del Diabetes and lipid center del Tufts Medical Center, primo autore dello studio - i nostri risultati indicano che la vitamina D non dà un beneficio significativo nella riduzione del rischio di diabete".

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