Chiese un risarcimento alla casa farmaceutica Sanofi Pasteur dopo essersi ammalato di sclerosi multipla pochi mesi dopo un vaccino contro l'epatite B. Dopo il rinvio alla Corte di giustizia dell'Unione europea da parte della Cassazione francese, per i giudici del Lussemburgo "in mancanza di consenso scientifico, il difetto di un vaccino e il nesso di causalità tra il medesimo e una malattia possono essere provati con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti". Il giudice nazionale deciderà nel merito.
In particolare, rileva la Corte, "la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l'insorgenza di una malattia, l'assenza di precedenti medici personali e familiari della persona vaccinata e l'esistenza di un numero significativo di casi registrati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni possono eventualmente costituire indizi sufficienti a formare una simile prova". La sentenza della Corte, interpellata in questo caso sull'interpretazione del diritto dell'Unione, non risolve comunque la controversia. Spetterà alla giustizia francese dirimere la causa conformemente alla decisione della Corte. Al paziente al centro della vicenda era stato somministrato, tra la fine del 1998 e la metà del 1999, un vaccino contro l'epatite B prodotto dalla Sanofi Pasteur. Nell'agosto 1999, ha iniziato a manifestare vari disturbi, fino alla diagnosi di sclerosi multipla nel novembre 2000. L'uomo è poi morto nel 2011. Fin dal 2006 lui e la sua famiglia hanno promosso un'azione giudiziaria per ottenere un risarcimento.