TORINO - Il Covid-19 e il lockdown non hanno influito nella gestione del paziente dermatologico nei centri Imi (Intergruppo Melanoma Italiano), presenti all'interno dei poli oncologici ospedalieri di eccellenza. Sotto certi aspetti la situazione è addirittura migliorata. Non solo, durante il lungo periodo di chiusura i teleconsulti genetici sono incrementati del 34%.
È quanto emerge dal XXVII Congresso Nazionale dell'Imi dopo avere tracciato lo stato dell'arte delle nuove terapie.
Nella diagnosi e cura vince l'approccio multidisciplinare che vede dermatologi, oncologi, genetisti, radiologi, chirurghi e addirittura l'intelligenza artificiale uniti per concordare le terapie più adatte a ogni paziente. Questo approccio grazie alle terapie adiuvanti ha ridotto dell'80% gli interventi sui linfonodi sentinella positivi con metastasi microscopiche, inoltre sono calate le dissezioni linfonodali inutili, mentre sono incrementate notevolmente gli interventi su pazienti un tempo ritenuti inoperabili.
"Abbiamo voluto capire - spiega il presidente Imi Ignazio Stanganelli, direttore della Skin Cancer Unit Irccs Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori e professore associato dell'Università di Parma - come la pandemia ha inciso sulla gestione dei pazienti già in cura al momento della crisi dettata dal Covid-19 rispetto a quelli che hanno
iniziato il percorso durante il Covid".
In tutto sono state intervistate 587 persone, divise equamente tra uomini e donne. Differenze moderate sono state riscontrate per quanto riguarda l'attesa della visita dermatologica nella quale è stata fatta la diagnosi di melanoma: prima del Covid l'88.0% dei pazienti ha dovuto attendere meno di 3 mesi, e soltanto il 2.7% più di 6 mesi, mentre durante la pandemia queste percentuali sono salite al'84.1% e al 7.9%. Ma durante il Covid il tempo di attesa per l'asportazione del
melanoma è stato inferiore di 15 giorni nel 42.5% dei casi rispetto al 35.9% dell'altro gruppo. E anche il referto istologico è stato consegnato con maggiore celerità.
(ANSA).