ROMA - Quasi un medico su tre ritiene di non aver tempo sufficiente da dedicare ai pazienti per assicurare l'aderenza alle terapie. Solo la metà si accerta che il proprio assistito abbia compreso le indicazioni sul percorso di cura, più di uno su tre si dice oberato dal carico burocratico. E' quanto emerge dalla "Indagine civica sull'esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie", presentata oggi a Roma e realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato con il sostegno non condizionato di Assobiotec.
L'indagine, condotta su un campione rappresentativo di 816 medici, mostra che un buon numero (29%) ritiene insufficiente il tempo disponibile per la relazione col paziente e riscontra difficoltà per carenze di personale e organizzative (17%). "Siamo ancora in tempo per invertire la rotta - dichiara Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato - ad esempio prevedendo nella messa a punto degli standard del personale, in via di definizione, la garanzia che il tempo dell'ascolto e della comunicazione siano veri e propri tempi per la cura della persona".
Quanto alla comunicazione, poco più di un medico su 2 si accerta che il paziente abbia compreso tutto (55%) e lascia suggerimenti scritti oltre alla prescrizione (54%). Inoltre, il 60% dei medici ritiene "molto importante" sapere se l'assistito ha difficoltà a seguire le terapie perché troppo complesse (60%). Tuttavia ritiene meno rilevante conoscerne le preferenze sulle modalità di somministrazione (lo fa il 50% degli intervistati), eventuali difficoltà economiche (49%) o abitudini di vita (44%) che, se considerate, potrebbero aiutare a scegliere terapie più facili da seguire.